IL 17 FEBBRAIO TUTTI A VICENZA !
E POI ?

Ancora una volta sta crescendo la febbre della manifestazione nazionale per la 'pace' dove coesistono spinte diverse che vanno attentamente analizzate e rispetto alle quali occorre prendere una posizione politica chiara.

C'è in primo luogo una risposta locale, dei vicentini, di varia tendenza politica, compresi importanti esponenti istituzionali di Vicenza, che hanno manifestato apertamente l'avversione alla utilizzazione dell'aereoporto da parte delle truppe americane. Si tratta di un dato molto importante perchè non riproduce le rivoltanti contorsioni politiciste e le divisioni tra i cosiddetti poli e all'interno di questi. Ciò che emerge è che la grande maggioranza non vuole una ulteriore presenza di truppe americane fin dentro la città.

Finalmente si tratta della prima, grande reazione di massa contro le basi che viene direttamente dalla popolazione. Niente di simile si è prodotto in Italia rispetto a situazioni come Sigonella, Camp Darby, Aviano ecc. Siamo di fronte alla rottura di una tradizionale remissività che ha accompagnato i passaggi della militarizzazione americana che copre l'intera penisola.

Porterà questa risposta al blocco dell'allargamento della base americana di Dal Molin? Non è da escludere che l'iniziale arroganza di Prodi e di Parisi possa vacillare, anche se la questione non può essere paragonata a situazioni come la TAV in Val di Susa o le scorie di Scanzano. Il pressing americano e dei poteri collegati in Italia non può ammettere un'inversione di tendenza. Eppure si avverte che su Vicenza è in ballo la tenuta del governo e quindi, come dire?, la notte porta consiglio.

Per avere delle possibilità bisogna considerare due elementi che giocano su un possibile risultato positivo. Il primo è la continuità e la decisione nella lotta. Saranno capaci i vicentini e tutti coloro che appoggiano questa lotta di mantenere alto il grado di mobilitazione? Che tipo di reazione verrà dal governo? Ci troveremo di fronte a una nuova Genova?

Un secondo elemento che avrà peso nella vicenda è lo scontro, che ci auguriamo si possa produrre, tra coloro che sono onestamente indignati per le scelte di Prodi e Parisi e la sinistra governista, PRC, PdCI e Verdi, che ha sistematicamente operato perchè non si arrivasse all'interno del governo ad una chiarificazione definitiva sui progetti militari. Le parole magiche che sono state usate dai pacifisti 'non violenti' sono state conferenze e ancora conferenze. Quella sulle servitù militari e quella sull'Afghanistan. Un modo indegno per evitare di prendere di petto le questioni sul tappeto e riprodurre la subalternità di sempre. E' bene quindi che ci si prepari ad uno scontro nello scontro. Quello che contrappone coloro che sono veramente contro le basi americane a una 'sinistra radicale' che è la copertura dei veri progetti che trovano appaiati governo americano e governo italiano.

C'è voluto un intervento come quello di don Albino Bizzotto su Liberazione per mettere i piedi nel piatto, come si usa dire. Un pacifista storico, non certo estremista, ha detto chiaramente che è immorale che un governo, quello di Prodi e Bertinotti, non solo approvi l'allargamento della base di Vicenza, ma lavori perchè l'ossatura della rete militare americana diventi una struttura funzionale alle nuove guerre che si annunciano.

Dice don Albino Bizzotto, con molta chiarezza, che questo governo sta mascherando tutti i peggiori progetti che passano per l'allargamento di Sigonella, per l'allestimento del centro di assemblaggio a livello di produzione industriale di aerei F35 a Cameri in Piemonte, per l'organizzazione di una base navale a Palermo. Qual'è dunque l'inversione di tendenza? E, sempre a proposito di ipocrisia, si è arrivati al punto di iscrivere gli aumenti delle spese militari sotto la voce 'investimenti produttivi' come nel caso degli F35 a Cameri.

La questione delle basi americane e dei progetti di guerra che partono dal nostro paese rappresenta una dichiarazione di guerra agli italiani. Su questo non è più possibile transigere. Sappiamo che la risposta efficace non sarà facile organizzarla, ma di questo bisognerà discutere e lavorare per un progetto strategico.

Erregi

4 febbraio 2007


 
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