I nuovi passaggi della crisi europea

All'interno della crisi globale che scuote l'occidente capitalistico, l'Europa è quella che sta subendo i contraccolpi maggiori e si prepara a subire i più grossi cambiamenti.

All'inizio sembrava che la crisi producesse una reazione a sinistra, soprattutto nel settore meridionale dell'UE, a partire dalla Grecia. Anche in questo caso, però, si è dimostrato valido il detto che 'chi fa la rivoluzione a metà si scava la fossa' oppure, come nel caso greco, per evitare gli ostacoli si passa dall'altra parte e si eseguono le direttive UE.

L'illusione riformatrice europea, anche se ha come coda Podemos e 5Stelle, si sta opacizzando ed emergono invece i nodi duri da sciogliere con una rappresentazione politica che è ben lontana da 'un altro mondo possibile', come recitava il famoso slogan bertinottiano. Il vero volto che sta emergendo dalla crisi difatti ha un'altra immagine ed è quella poco rassicurante non solo dei gruppi della destra xenofoba, ma soprattutto di settori importanti degli apparati istituzionali ed economico finanziari europei. Sono questi che stanno prendendo il sopravvento e indirizzano la situazione.

E' partita la Gran Bretagna con la Brexit, che ora sta arrivando rapidamente allo scioglimento di tutti i vincoli coi paesi UE e mira a un obiettivo neoimperiale con uno slogan alla Trump, Britain first.

In Francia si preparano le elezioni presidenziali sotto l'egida della destra, quella di Marine Le Pen e dei centristi che probabilmente si contenderanno la scena. Per la Francia non è tanto questione elettorale, ma di ruolo nel contesto internazionale. La sciatta esibizione del 'socialista' Hollande a rimorchio della Merkel, appena mitigata da criminali azioni militari, ha umiliato la grandeur francese e reso subalterno il potenziale di una nazione il cui peso non può essere sottovalutato da chi intende gestire il potere in Francia, sia che si tratti della destra lepenista che dei centristi 'europeisti'.

Solo la Merkel si illude ancora che il trucco dell'Euro e dell'Unione forte possa funzionare oltre, confortata in ciò dal servilismo greco e italiano assieme a quello di altri paesi dell'Europa meridionale. Che sia un'illusione lo sanno però anche i governanti tedeschi, che si stanno preparando a nuovi scenari, non di tracollo ma di possibile ricollocazione internazionale della Germania.

Anche personaggi liberali e liberisti, come l'ex primo ministro ceco Klaus, antico estimatore dell'UE alla quale firmò a suo tempo l'adesione del suo paese, ne sollecita ora lo scioglimento [qui].

Siamo quindi all'Europa dei cocci e in fase preagonica. Purtroppo dal grande caos stanno emergendo solo i progetti di ripresa neoimperialista. Ciò che si muove contro questa deriva difficilmente avrà la forza di bloccarla. Gli opportunismi della sinistra, la debolezza degli sfruttati dal feroce liberismo del capitale europeo - ora ancora più obbligato dalla concorrenza dei paesi più forti ad aumentare la pressione sulla forza lavoro - e infine la pratica inesistenza di un movimento antimperialista e contro le guerre che l'Europa conduce sono la fotografia della situazione. Questo non è un invito al pessimismo. Semmai è un invito a capire come si può dare un nuovo indirizzo alla situazione. Ma partendo dalla realtà.

Aginform
22 gennaio 2017