Un passo avanti e due indietro

Così si potrebbe definire - leniniamente - il passaggio politico che stiamo attraversando, caratterizzato dal gran rifiuto di Bersani di accettare la grande alleanza con Berlusconi.

Perchè il passo avanti seguito da due passi indietro? Dopo una sostanziale unanimità di facciata con la posizione di Bersani difatti si è scatenato, a partire da Napolitano e via via dai vari esponenti del PD, il grande recupero del senso di 'responsabilità politica' per difendere gli interessi nazionali. In altre parole si è recuperato il politichese per ridefinire qui e subito una strategia di governo che apra al Cavaliere e ridia ai capibastone del PD la certezza del potere.

Messa da parte l'analisi politica delle forze in campo, le considerazioni si sono limitate all'aritmetica parlamentare e in questo modo è scattata la trappola di Berlusconi tesa a dimostrare che il suo partito, nonostante tutte le accuse, è un partito serio e responsabile. Come se non bastasse, alla beffa si è aggiunta anche, tanto per parlare di senso di responsabilità, la dichiarazione di guerra a Roma minacciata da Maroni a Pontida.

Molti compagni sottovalutano la posta del gioco che è in corso. E invece è il caso di prenderla in seria considerazione, dal momento che la sponda grillina segue una dinamica che non può essere misurata rispetto allo scontro reale.

Su Grillo c'è da dire che si tratta davvero di un movimento di antipolitica che pur avendo intercettato gran parte della protesta contro la casta, non è in grado e non vuole misurarsi con le contraddizioni che si sono aperte e le gestisce, se è lecito e possibile fare un parallelo, con logiche sessantottine. Il sottofondo culturale è diverso, ma la natura sociale è sempre quella. Ancora una volta la piccola borghesia si è messa in marcia e gestisce l'opposizione.

Le cose vere cui dobbiamo prestare grande attenzione sono due. Una riguarda appunto come si ridefiniranno i rapporti di potere. Se si farà la grande coalizione sarà Berlusconi a guadagnarci e probabilmente a vincere le prossime elezioni, con buona pace di coloro che, da Franceschini a Renzi, giocano alla Realpolitik. Se invece questa operazione non andrà in porto la crisi lascerà spazio all'irrompere delle contraddizioni sulla scena politica impedendo la stabilizzazione, temporanea, dell'equilibrio di potere. Per questo l'inciucio è un pericolo reale.

Ovviamente non possiamo vivere da spettatori questa fase, anche se, nonostante i proclami, lo siamo di fatto. La crisi è tale, le prospettive di guerra così concrete, che bisogna progettare qui e ora una ipotesi di organizzazione comunista che sia allo stesso tempo recupero di un forte legame di classe e sociale e superamento dell'improvvisazione ideologica e della natura movimentista delle forze, minoritarie, che esprimono opposizione. Ci sembra che la discussione su questo non sia veramente cominciata, se non nelle solite sedi 'alternative'.

Erregi

8 aprile 2013