Dave Eriqat
Fonte: english.pravda.ru, traduzione di Cristina Pezzolesi per Come Don Chisciotte
Sono state
avanzate numerose ipotesi sull'eventualità o meno che gli
Stati Uniti possano attaccare l'Iran. C'è chi è dell'opinione
che gli Stati Uniti lo faranno e chi invece ritiene che non lo
faranno. Lasciando perdere i discorsi pubblici alquanto
spavaldi provenienti da entrambi i governi, io credo che nel
2006 gli Stati Uniti attaccheranno l'Iran. Vi spiego perché:
Il piano principale degli Stati Uniti prevede il controllo
del petrolio nel Medioriente. Soltanto due Paesi si sono
opposti a questo piano: l'Iraq e l'Iran. L'Iraq è stato
neutralizzato e reso impotente per i prossimi dieci anni a
causa della guerra civile. Adesso è rimasto solo l'Iran ad
ostacolare il piano principale degli Stati Uniti. Ma prima di
continuare il filo logico di questo discorso, facciamo una
breve digressione.
E' chiaro che l'Iraq rappresenti un
disastro sia dal punto di vista umanitario che miitare. Ma
l'Iraq sta diventando anche un disastro politico per i
Repubblicani negli Stati Uniti, perché i Repubblicani non solo
rischiano di perdere il controllo del Congresso, ma con il
tasso di approvazione per il presidente Bush sceso sotto terra
[n.d.t. l'originale in inglese è in the toilet], essi
potrebbero anche perdere la Casa Bianca. La lezione data dalla
messinscena dell'11/9 e dalla conseguente guerra in Iraq è
chiara: gli Statunitensi si raccolgono intorno al presidente e
al suo partito nei momenti di difficoltà. Per questo
presidente e per il suo partito che cosa sarebbe conveniente
più di un altro evento costruito in stile 11/9, seguito da
un'altra guerra di rappresaglia, questa volta contro l'Iran?
Non credo che un altro simulato 11/9 sia davvero
necessario per far sì che il presidente intraprenda un'altra
guerra nel Medioriente. Proprio quando stavo cominciando a
credere che il calo precipitoso del sostegno alla guerra in
Iraq sceso fino a circa un terzo dell'opinione pubblica
fosse un segnale del fatto che gli Statunitensi stavano
arrivando a capire la realtà dei fatti, recenti sondaggi
rivelano che più di metà degli Statunitensi sono a favore di
una nuova guerra contro l'Iran! Come è possibile che siano a
favore di una nuova guerra se il loro appoggio per l'ultima
sta venendo meno? Sono rimasto perplesso dinnanzi a tanta
incoerenza finché non ho capito che il calo di sostegno alla
guerra in Iraq non è un rifiuto alla guerra in quanto tale, ma
è espressione di un rifiuto a una guerra in cui si perde. Gli
statunitensi sono assolutamente a favore delle guerre finché
le vincono. In ogni caso, sembra che ci sia un ampio consenso
da parte dell'opinione pubblica statunitense per una nuova
guerra contro l'Iran. Un altro attacco simulato del tipo
dell'11/9 non è necessario, anche se si potrebbe comunque
verificare per favorire le ambizioni totalitaristiche del
governo.
Il ritiro delle truppe statunitensi dall'Iraq
è fuori questione. Un'azione simile equivarrebbe ad
un'ammissione di sconfitta da parte di quest'amministrazione,
un'ammissione che non è prossima a venire. Inoltre, gli Stati
Uniti hanno compiuto grandi sforzi e speso molte risorse per
andare in Iraq e costruirvi basi militari permanenti.
Semplicemente non se ne andranno per almeno qualche decennio.
La scelta di lasciare lo status quo in Iraq è altrettanto
difficile da difendere, man mano che crescono di giorno in
giorno le esortazioni a ritirarsi, e quindi per questa
amministrazione rimane soltanto una via: l'escalation. Una
nuova guerra contro l'Iran distoglierà l'attenzione dall'Iraq
e consoliderà l'appoggio dell'opinione pubblica a favore del
presidente e del suo partito, come si rivelerà dalla rinnovata
passione per i fiocchi magnetici rosso-bianchi-blu e gialli
[n.d.t. simboli dell'orgoglio patriottico].
Un'altra
buona ragione per intraprendere una guerra contro l'Iran
consiste nel distogliere l'attenzione dall'economia. E' ormai
ovvio che la bolla immobiliare statunitense si stia
sgonfiando. Potrebbe continuare a sgonfiarsi gradualmente o
potrebbe crescere con conseguenze spettacolari, nessuno lo sa.
Come andrà a finire dipende molto dalla percezione della
gente. Le persone sono ancora molto ottimiste riguardo
all'economia, quindi forse è per questo motivo che la bolla
immobiliare si sta sgonfiando ancora lentamente. Ma la
situazione potrebbe cambiare. In ogni caso, con la bolla
immobiliare come forza trainante del recente consumer
spending [n.d.t. la spesa dei consumatori], e con il
consumer spending che traina l'economia, non appena la bolla
immobiliare si sgonfierà, il consumer spending scenderà. Un
imminente declino del consumer spending, insieme ad altri
indicatori, come il convergere di bond yield [n.d.t.
rendimenti di obbligazioni] , fanno prevedere una recessione
verso la fine di quest'anno. Una nuova guerra rappresenterebbe
un efficace diversivo dai problemi economici e permetterebbe
al governo di far entrare liquidità nell'economia. Il
governo degli Stati Uniti ha recentemente sospeso le
pubblicazioni dei dati della maggiore grandezza di offerta di
moneta, M3, forse per nascondere future introduzioni di
liquidità.
Torniamo a riflettere sul progetto
principale [n.d.t. degli Stati Uniti]. In molti hanno
sottolineato come l'attacco all'Iran non regga ad un'analisi
che prenda in considerazione il rapporto costi-benefici. Si
ritiene che l'attacco all'Iran indurrebbe l'Iran a vendicarsi
fomentando l'insurrezione in Iraq e minacciando il trasporto
di petrolio attraverso il Golfo Persico. Chi lo afferma dà per
scontato che gli Stati Uniti non metteranno in pericolo la
vita dei loro soldati in Iraq né correranno il rischio di far
salire il prezzo del petrolio per imporre la propria volontà
politica sull' Iran e ritiene che persino questa
amministrazione non sarebbe tanto folle da farlo.
Ma
chi pensa così si sbaglia. L'unico obiettivo che gli Stati
Uniti si prefiggono nel Medioriente è il controllo del
petrolio, costi quel che costi. Esaminiamo quali sono gli
eventuali costi. Gli Stati Uniti metterebbero a rischio la
vita dei loro soldati in Iraq? Assolutamente sì. Basti pensare
a Pearl Harbor durante la Seconda Guerra Mondiale. E' fuor di
dubbio che il governo degli Stati Uniti sapesse che i
Giapponesi stavano per attaccarli e lasciò che ciò avvenisse.
Il governo degli Stati Uniti probabilmente facilitò l'attacco
lasciando libera da impedimenti una traiettoria di volo per
gli aggressori giapponesi. Dunque sarebbero disposti a
sacrificare qualche migliaio di soldati in Iraq? Certamente. E
che cosa succederebbe se l'Iran riuscisse a rallentare o
fermare il flusso di petrolio attraverso il Golfo Persico?
Ancora una volta, questo fatto potrebbe tornare a vantaggio
degli Stati Uniti, come vedremo. Nel frattempo, chi
beneficerebbe da una riduzione globale delle scorte di
petrolio? Le compagnie petrolifere. Negli ultimi anni si è
visto che quando il petrolio è salito di prezzo, i profitti
delle compagnie petrolifere sono saliti vorticosamente di
dieci miliardi di dollari l'anno per compagnia. Abbiamo anche
potuto vedere come l'amministrazione Bush si sia voltata
dall'altra parte quando le compagnie energetiche hanno
sfruttato avidamente il nascente mercato dell'elettricità dopo
la deregulation, quindi sappiamo a chi vada il suo appoggio.
Un altro argomento razionale contro la possibilità
di un attacco contro l'Iran è che gli Stati Uniti in virtù
delle proprie limitate truppe, possano in pratica attaccare
l'Iran solo per via aerea, il che non risulterebbe molto
efficace se limitato ai bersagli militari. E' vero, ma il
punto è che l'iniziale attacco aereo sarebbe soltamente il
primo passo di quella che gli Stati Uniti probabilmente
sperano diventi una guerra più ampia. Perché? Perché l'unico
modo che gli Stati Uniti hanno per riuscire a neutralizzare
con successo l'Iran è sganciare un paio di bombe nucleari
sulla popolazione civile, costringendo l'Iran alla resa
incondizionata.
Persino gli Stati Uniti non oseranno
interrompere in modo unilaterale sessant'anni di tabù nucleare
e sganciare una bomba nucleare sopra una città iraniana. Ma
probabilmente riusciranno a farla franca usando le cosiddette
bombe tattiche nucleari bunker buster contro bersagli
apparentemente militari. Naturalmente il mondo intero si
indignerà dinnanzi a un simile atto, ma dopo qualche mese di
capovolgimento dei fatti attraverso i media, probabilmente gli
Stati Uniti placheranno il disprezzo nei loro confronti. Nel
frattempo, l'Iran fomenterà l'insurrezione Shiita in Iraq,
facendo così aumentare il numero di vittime tra i soldati
statunitensi. L'Iran magari affonderà anche qualche nave
militare statunitense e qualche petroliera nel Golfo Persico ,
riuscendo davvero a rallentare o fermare il flusso di petrolio
attraverso il golfo. Ovviamente gli Stati Uniti faranno
passare questa vendetta iraniana come una sconsiderata e
fanatica escalation di guerra. La popolazione statunitense,
adirata nel vedere i propri soldati uccisi e le proprie navi
militari affondate, si raccoglierà attorno al proprio
presidente con ancora maggior fervore. Il governo degli Stati
Uniti indicherà i crescenti problemi economici del mondo
causati dall'insufficienza di petrolio come prova della
necessità di fermare l'Iran, costi quel che costi. I Paesi
industrializzati del mondo che dipendono dal petrolio
rinunceranno ufficialmente a intraprendere un'azione più dura
contro l'Iran, mentre in privato coltiveranno la speranza di
vedere gli Stati Uniti far di tutto per riattivare il flusso
di petrolio.
Allora, senza preavviso, gli Stati Uniti
lanceranno un paio di bombe nucleari sopra un paio di città
iraniane di medie dimensioni, proprio come fecero in Giappone
sessant'anni fa. E useranno le stesse giustificazioni di un
tempo: velocizzare la fine della guerra. Ovviamente il mondo
sarà indignato, ma tale reazione passerà in sordina, dato che
gli Stati Uniti avranno già infranto il tabù del nucleare
usando le bombe bunker buster, e inoltre, che cosa potrà
farci il mondo? L'Iran si arrenderà, e gli Stati Uniti
assumeranno il pieno controllo del Medioriente e di due delle
sue più importanti fonti di petrolio: l'Iraq e l'Iran .
Gli Stati Uniti potranno allora ritirare le loro
truppe in Iraq nelle nuove basi militari grandi come intere
città e aspettare tranquillamente la fine della guerra civile,
tenendo sotto controllo da vicino il petrolio. Gli Stati Uniti
saranno una nazione paria, ma che importa? Controlleranno la
maggior parte delle risorse petrolifere mondiali.
Dave Eriqat
Fonte: http://english.pravda.ru
Traduzione di Cristina Pezzolesi