Vola l'economia della morte

Manlio Dinucci

Fonte: Il Manifesto
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11 settembre 2012


Oltre 50 milioni di persone, tra cui 17 milioni di bambini, in condizione di «insicurezza alimentare», ossia senza abbastanza cibo «per mancanza di denaro e altre risorse». I dati si riferiscono non a un paese povero dell'Africa subsahariana, ma al paese con la maggiore economia del mondo: gli Stati Uniti d'America. Lo documenta il Dipartimento Usa dell'Agricoltura nel settembre 2012. Durante l'amministrazione Bush (2001-2008), i cittadini statunitensi senza cibo adeguato, costretti per sopravvivere a ricorrere ai food stamps (buoni cibo) e alle organizzazioni caritatevoli, sono aumentati da 33 a 49 milioni. Durante l'amministrazione Obama sono saliti a oltre 50 milioni, equivalenti al 16,4% della popolazione, rispetto al 12,2% nel 2001. Tra questi, circa 17 milioni sono in condizione di «bassissima sicurezza alimentare», in altre parole alla fame.

Hanno però la soddisfazione di vivere in un paese la cui «sicurezza» è garantita da una spesa militare che - documenta il Sipri - è raddoppiata durante l'amministrazione Bush e, durante quella Obama, è salita dai 621 miliardi di dollari del 2008 a oltre 711 nel 2011.

Al netto dell'inflazione (al valore costante del dollaro 2010), è cresciuta dell'80% dal 2001 al 2011. La spesa militare Usa, equivalente al 41% di quella mondiale, è in realtà più alta: comprese altre voci di carattere militare (tra cui 125 miliardi annui per i militari a riposo), ammonta a circa la metà di quella mondiale. In tal modo - si sottolinea nel Budget 2012 - il Pentagono può mantenere «forze militari pronte a concentrarsi sia nelle guerre attuali, sia nei potenziali futuri conflitti».

E, allo stesso tempo, può «investire in innovazione scientifica e tecnologica a lungo termine per assicurare che la Nazione abbia accesso ai migliori sistemi di difesa disponibili al mondo». A tal fine 100 miliardi di previsti risparmi vengono «reinvestiti in settori ad alta priorità», a partire dai droni: i velivoli senza pilota che, telecomandati a oltre 10mila km di distanza, colpiscono gli obiettivi con i loro missili.

Qui la realtà supera la fantascienza hollywoodiana. La Lockheed Martin sta sviluppando un nuovo drone per le forze speciali: per accrescerne l'autonomia, da terra viene usato un raggio laser che lo alimenta mentre è in volo.

La Northrop Grumman è impegnata in un progetto ancora più avanzato: quello di droni che, alimentati da energia nucleare, restano in volo ininterrottamente non per giorni ma per mesi.

Sempre la Northrop Grumman sta sviluppando un velivolo robotico per portaerei, lo X-47B, in grado, grazie alla memoria programmata, di decollare, effettuare la missione e atterrare autonomamente.

Dati gli enormi costi di questi programmi, il Pentagono ha già redatto una lista di affidabili paesi alleati a cui vendere i nuovi droni per la guerra robotizzata. Sicuramente ai primi posti c'è l'Italia, che ha già acquistato dalla statunitense General Atomics l'ultimo modello di drone, il velivolo MQ-9A Predator B. In futuro acquisterà anche il drone nucleare che, decollando sulla testa dei 50 milioni di cittadini Usa in condizione di «insicurezza alimentare», volteggerà su quella dei disoccupati italiani che occupano le fabbriche in via di chiusura.

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