Una forza per controllare il petrolio e tutto il resto

USA Nel 2015 il 25% del greggio verrà dall Afric

Manlio Dinucci

2 ottobre 2008
Fonte: Il Manifesto

Con la nascita del Comando Africa (AfriCom), è cambiato da ieri il planisfero geo-strategico del Pentagono: i comandi unificati, le cui «aree di responsabilità» comprendono il mondo intero, passano da cinque a sei. L'«area di responsabilità» dell'AfriCom abbraccia quasi l'intero continente, salvo l'Egitto. Prima l'Africa era divisa tra Comando europeo, Comando del Pacifico e Comando centrale (nella cui «area di responsabilità» rientravano, oltre al Medio Oriente, Corno d'Africa, Sudan ed Egitto).

Da questi tre comandi, l'AfriCom ha ereditato 134 «missioni» che gli Usa stanno conducendo in Africa. Sarà ora l'AfriCom a portarle avanti. Alla vigilia della costituzione dell'AfriCom, la vice-segretaria della difesa per gli affari africani, Theresa Whelan, ha negato che la nascita del nuovo comando significhi una militarizzazione della politica estera Usa in Africa. «Vi sono su questo molti malintesi ed errate interpretazioni», ha ribadito l'ammiraglio Robert Moeller, vice-comandante delle operazioni militari dell'AfriCom, garantendo che non rientra nei piani del nuovo comando costituire basi e dislocare migliaia di soldati statunitensi in Africa. Scopo dichiarato dell'AfriCom è «sviluppare nei nostri partner la capacità di affrontare le sfide per la sicurezza dell'Africa». Per questo, da quando ha cominciato a operare nell'ottobre 2007 quale sub-comando di quello europeo, l'AfriCom si è concentrato nell'addestramento di militari africani, soprattutto nell'Africa occidentale. Esso si svolge nel quadro dell'operazione «Africa Partnership Station», che prevede la dislocazione permanente di navi da guerra lungo le coste dell'Africa occidentale, con a bordo personale militare anche di altri paesi (finora Gran Bretagna, Francia, Germania e Portogallo). Lo scorso luglio si è svolta in Nigeria l'esercitazione militare «Africa Endeavor», alla quale hanno partecipato, sotto il comando del generale della U.S. Air Force, David A. Cotton, 21 paesi africani: Nigeria, Benin, Botswana, Burkina Faso, Burundi, Camerun, Capo Verde, Ciad, Gabon, Gambia, Ghana, Kenya, Lesotho, Malawi, Mali, Namibia, Ruanda, Senegal, Sierra Leone, Uganda e Zambia. Oltre 200 militari di questi paesi sono stati addestrati all'uso del C3IS, il sistema statunitense di comando, controllo, comunicazioni e informazioni, così da rendere possibile «l'integrazione e l'interoperabilità» tra le forze armate dei paesi partecipanti. In Ghana una squadra di tecnici, inviata dal comando di Napoli delle forze navali Usa, ha effettuato una prospezione idrografica del porto di Tema nel quadro di un programma mirante a «migliorare la sicurezza marittima in tutto il golfo di Guinea». L'importanza di questa regione emerge da un comunicato della marina Usa: «Il 15% del petrolio importato dagli Stati uniti proviene dal golfo di Guinea, regione ricca anche di altre risorse: nostro scopo è quindi stabilire un ambiente marittimo sicuro per permettere a tali risorse di raggiungere il mercato». Entro il 2015 questa regione fornirà il 25% del petrolio importato dagli Usa. Gli interessi in gioco sono enormi: in Nigeria, grande produttore petrolifero dell'Africa, il 95% della produzione è in mano a poche multinazionali, tra cui la Shell che ne controlla oltre metà. Lo stesso avviene in Ciad il cui petrolio, esportato attraverso un oleodotto che attraversa il Camerun, è controllato da un consorzio internazionale capeggiato dalla ExxonMobil. Tale dominio viene però ora messo in pericolo dalla ribellione delle popolazioni e dalla concorrenza cinese.

Da qui la decisione di costituire un comando specifico per l'Africa. Per controllare questa e altre aree strategiche, come il Corno d'Africa all'imboccatura del Mar Rosso (dove, a Gibuti, è stazionata una task force statunitense), il Pentagono ha addestrato, nel quadro del programma Acota, 45.000 soldati africani e formato 3.200 istruttori africani. Tale compito sarà ora portato avanti dal Comando Africa, che farà ancor più leva sulle élite militari per portare il maggior numero possibile di paesi africani nella sfera d'influenza statunitense. La nascita del Comando Africa ha notevoli implicazioni anche per il nostro paese, in quanto l'AfriCom (il cui quartier generale resta per ora a Stoccarda) sarà supportato dai comandi e dalle basi statunitensi in Italia. Lo conferma il fatto che il 4 ottobre, appena tre giorni dopo la nascita dell'AfriCom, arriverà in Sudafrica il gruppo d'attacco della portaerei Theodore Roosevelt, con a bordo 7.000 uomini, inviato dal comando delle forze navali Usa in Europa, il cui quartier generale è a Napoli. E' prevedibile anche che la 17a forza aerea Usa, riattivata il 22 settembre a Ramstein per essere messa a disposizione dell'AfriCom, opererà non dalla base tedesca, ma da basi in Italia, come Aviano e Sigonella.

Si può ugualmente prevedere che i materiali necessari all'AfriCom saranno forniti dalla base Usa di Camp Darby. Particolarmente importante sarà il ruolo della base aeronavale di Sigonella: qui, dal 2003, opera la Joint Task Force Aztec Silence, la forza speciale che conduce in Africa missioni di intelligence e sorveglianza e operazioni segrete nel quadro della «guerra globale al terrorismo». Non mancano però le opere di bene: militari statunitensi sono andati lo scorso luglio da Aviano fino in Mali, ufficialmente per portare vestiti, scarpe e giocattoli a un orfanotrofio di Bamako.

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