Due missioni, un solo comando
Nato e Usa uniti, anche nelle stragi

Manlio Dinucci
Il Manifesto, 6 marzo2007


I morti di Kapisa (cinque donne, tre bambini e un anziano uccisi da un bombardamento aereo: un portavoce degli Stati uniti ha confermato che sono state sganciate due bombe da una tonnellata su un gruppo di edifici ma ha detto di non avere «informazioni certe sul bilancio delle vittime») sono una delle tante stragi di civili provocate in Afghanistan dalla guerra aerea di crescente intensità, condotta dall'aviazione americana in appoggio alle truppe Isaf/Nato (v. Il Manifesto, 24 febbraio).

Come informa il Comando centrale Usa, la portaerei John C. Stennis, appena giunta nell'area della 5a flotta, ha iniziato le incursioni con i cacciabombardieri F/A-18 Super Hornets, che si aggiungono a quelli della portaerei Eisenhower. I 160 aerei delle due portaerei, gli F-15 e F-16 dell'aeronautica Usa e i bombardieri pesanti B-1B, che sganciano decine di bombe Gbu-31 da una tonnellata, effettuano ogni giorno 35-40 «missioni di appoggio ravvicinato a truppe Isaf».

In queste «missioni per l'operazione Enduring Freedom», specifica il Comando centrale, l'aviazione statunitense «si integra strettamente» con le forze multinazionali Isaf colpendo le posizioni nemiche da loro designate. E' quindi falso che «l'Isaf non è implicata», come ha detto ieri un portavoce della Nato.

In realtà, non c'è linea di demarcazione tra l'operazione Isaf/Nato e quella statunitense Enduring Freedom: esse rientrano in un'unica catena di comando, quella del Pentagono.

Tutti i partecipanti all'operazione Isaf/Nato, Italia compresa, hanno quindi la responsabilità delle stragi di civili, che sono molto maggiori di quelle di cui si ha notizia.

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