A proposito dell'espulsione di Mohammed Daki

FINE DELLO STATO DI DIRITTO

La vendetta di Pisanu, Iraq Libero

Il mistero Daki, Andrea Fabozzi, Il Manifesto 13 dicembre

LA VENDETTA DI PISANU

Alla fine di novembre la Corte d’Assise d’Appello di Milano ha confermato la correttezza della sentenza pronunciata dalla Dott.ssa Forleo, Giudice dell’Udienza Preliminare del Tribunale di Milano, che ha, sostanzialmente, dichiarato non punibile, nemmeno ai sensi dell’art. 270 bis del Codice Penale, la condotta di chi invia combattenti o aiuti a forze belligeranti irregolari nel teatro di guerra di un paese occupato.

E’ questo il caso dell’Iraq. E il fatto che le due sentenze di Milano abbiano affermato la legittimità della resistenza alle truppe di occupazione ha fatto scattare la vendetta del Ministro degli Interni Pisanu, che ieri ha firmato l’espulsione di Daki verso il Marocco.

A Daki il “diritto” imperiale americano, cui l’Italia si piega ben volentieri, non perdona poi un’altra “colpa”: quella di aver dichiarato di essere stato sottoposto ad interrogatori illegali da parte di uomini della CIA davanti ad un magistrato italiano.

Come ha affermato il suo avvocato difensore, Vainer Burani: “Se volevano chiarire la vicenda non l’avrebbero espulso”. Evidentemente c’era ben poco da chiarire e molto da insabbiare e questo spiega la solerzia del ministro di polizia Pisanu.

Burani ha definito il provvedimento di espulsione "molto grave", ha spiegato che ieri mattina verso le 6 Daki è stato prelevato dalla Digos dal dormitorio della Caritas di Reggio Emilia, città dove risiedeva, ed è stato portato all'aeroporto di Malpensa. Da qui Daki, verso le 11, è stato imbarcato su un volo diretto a Casablanca, dove sarebbe giunto nel primo pomeriggio. Attorno alle 17 sarebbe stato trasferito in una caserma della polizia locale. "Sono molto preoccupato, fai quello che puoi", queste le parole dette via cellulare da Daki al suo legale poco prima di salire sull'aereo. "Ho cercato di tranquillizzarlo - ha aggiunto l'avvocato Burani - Sono riuscito a mettermi in contatto con i suoi familiari e anche loro sono molto preoccupati perché non sanno cosa accadrà di lui".

A stasera non si ha alcuna notizia di Daki.

Per capire quale fine stia facendo lo stato di diritto nel nostro paese, citiamo le dichiarazioni rese quest’oggi dal leghista Calderoli, Ministro per le Riforme Istituzionali: "Bravo Pisanu, elementi come il signor Daki devono stare fuori dal nostro paese, così come da qualunque paese civile: se non si fossero messi di traverso i magistrati, sarebbe stato espulso già da parecchi mesi". E ancora: "A suo tempo, a fronte del rischio dell'espulsione, il signor Daki segnalò il pericolo per un suo ritorno in patria e per le possibili conseguenze: ora ci penserà il Marocco a garantire al signor Daki quello che non è stato in grado di garantirgli, per i suoi comportamenti, la giustizia italiana".

Così parla oggi un Ministro della Repubblica!

Una ragione di più per organizzare da subito iniziative di denuncia, informazione e protesta ovunque possibile contro il “diritto” imperialista che cancella i diritti democratici conquistati in decenni di lotte.

Una ragione di più per partecipare al presidio di giovedì 15 davanti alla sede romana dell’Unione.

E’ la guantanamizzazione del mondo. Ribellarsi è necessario ed urgente!

Comitati Iraq Libero



Il mistero Daki

Secondo la maggioranza politica che governa e l'opposizione che le dà una mano da tre giorni viviamo in un paese più sicuro. Un uomo di 40 anni, marocchino, accusato di terrorismo e assolto da due diversi tribunali uno dei quali composto da giudici popolari, non risiede più nel centro Caritas di Reggio Emilia ma da qualche parte in Marocco, forse nel carcere di Kenitra famoso come luogo di torture. Mohammed Daki (con lui è stato espulso anche il tunisino Akremi Gharsellaoui, che sconterà la pena di 20 anni stabilita da un tribunale militare) non è stato prelevato in segreto da agenti della Cia in trasferta a Milano come Abu Omar, ma accompagnato con un volo di linea dalla Digos di Reggio su mandato del ministro degli intemi. E' la rendition all'italiana. La differenza è che c'è il sigillo della legge. La legge speciale antiterrorismo che la destra e la sinistra riformista hanno votato insieme l'estate scorsa. E che adesso coerentemente assecondano, evitando ogni dubbio sull'espulsione di Daki. I riformisti come i leghisti: uguali (i leghisti in più festeggiano).

Il nostro paese e il mondo intero sono più sicuri perché un signore che il ministro Pisanu crede capace di «agevolare organizzazioni o attività terroristiche» non è più sotto controllo in Italia ma da qualche parte sparito in Marocco. Bisogna fidarsi. Capirne la ragionevolezza è impossibile, anche avesse ragione il ministro e non i magistrati che l'hanno assolto. Funziona così con le norme straordinarie di prevenzione: bisogna fidarsi del poliziotto, o del prefetto o del ministro anzi ringraziarlo di non aver abusato del suo potere espellendo solo sette persone da agosto a oggi o magari criticarlo perché è stato un po' lassista. E il signor Daki - che si è fatto quasi due anni di carcere in Italia prima di scoprire che per la nostra legge è innocente - dal buco in cui è finito si rivolga pure al Tar del Lazio che troverà un attimo tra le sue cause amministrative per delineare i confini del reato di terrorismo.

Se è così, però, se questo fa sentire più sicure la destra e la sinistra riformista non è giusto prendersela con la Cia e assolvere Pisanu. Mirano allo stesso obiettivo, conducono alle stesse mete. La destra «garantista» che quando Daki ha denunciato di essere stato interrogato da agenti del Fbi e senza avvocato ha detto «sono cose che succedono» e la sinistra «filo magistrati» che col pacchetto Pisanu permette che l'espulsione venga decisa senza (o contro) il parere del giudice.

Non ha senso nemmeno che l'Unione scriva nel suo programma di voler cancellare ogni forma di limitazione della libertà sulla base di un provvedimento amministrativo: spedire una persona in un luogo di tortura dichiarata è persino peggio che chiuderla in un centro di permanenza temporanea. Il difetto sta nelle leggi, non è mai troppo tardi per riconoscerlo. Mantenerle e sperare in un ministro degli interni più democratico è sicuramente ingiusto. Potrebbe persino essere vano.

Andrea Fabozzi

Il Manifesto, 13 dicembre 2005


Ritorna alla prima pagina