Gli attacchi in Sudan e la strategia offensiva israeliana

Alfatau

Fonte: Clarissa
30 marzo 2009


Le notizie sugli attacchi che Israele avrebbe condotto in Sudan, nel corso del mese di gennaio e febbraio, con velivoli teleguidati, meritano una grande attenzione per più ragioni.

In primo luogo dimostrano che il raggio operativo di Israele si sta pericolosamente allargando fuori dei propri confini, nei teatri dell'Africa e del Mediterraneo: dopo l'attacco contro una presunta installazione atomica in Siria e dopo le esercitazioni aeree nel cielo di Creta la scorsa estate, questa operazione rivela che le dichiarazioni del premier isareliano uscente Olmert non sono da considerare mera vanteria: "Non vi è luogo dove lo Stato di Israele non sia in grado di agire. Noi operiamo vicino e lontano e sviluppiamo attacchi in una maniera che rafforzi la nostra deterrenza".

Risulta ormai evidente che Israele sta proponendo la propria capacità militare come strumento strategico ben oltre la semplice deterrenza difensiva, ma dimostrando crescente disponibilità ad operare con le proprie forze armate in modo offensivo, senza tenere in alcuna considerazione le norme internazionali.

Queste nuove ripetute operazioni che, ricordiamo, sarebbero state almeno tre, di cui due contro convogli terrestri ed una contro una nave iraniana nel Mar Rosso (Haaretz, 29 marzo 2009), dimostrano anche che lo Stato ebraico sta facendo un uso assai attivo e spregiudicato del protocollo di intesa strategica siglato con gli Stati Uniti (da noi pubblicato integralmente in traduzione italiana: http://www.clarissa.it/editoriale_int.php?id=256&tema=Documenti) come condizione per concludere l'operazione Piombo Fuso contro Gaza. Questo significa anche che gli Stati Uniti hanno consapevolmente accettato di lasciare briglia sciolta all'alleato israeliano, pur conoscendone la crescente volontà di estendere il proprio braccio militare.

La cosa mostra in modo molto chiaro che Israele sta operando anche per condizionare in modo massiccio la politica mediorientale statunitense, ponendo la nuova amministrazioine di fronte al fatto compiuto: una cosa è però la distruzione delle abitazioni palestinesi a Gerusalemme est, avvenuta proprio in coincidenza con la presenza di Hillary Clinton nel Paese, una cosa è condurre attacchi aerei nello spazio aereo-navale di Stati distanti centinaia di chilometri, in aperta violazione di qualsiasi norma del diritto delle genti.

Difficile sfuggire all'impressione che queste spregiudicate aggressioni stiano in realtà preparando l'opinione pubblica mondiale a qualcosa di ancora più grave e pericoloso in Medio Oriente, probabilmente in direzione dell'Iran.