"Noi oggi dobbiamo essere contro La Guerra che si sta preparando e non c'è ancora,
serve un salto di qualità....gli Usa stanno già preparando l'attacco contro l'Iran e noi saremo travolti tutti"

Intervista a Giulietto Chiesa

La crisi tra Russia e Georgia, la guerra NATO in Afganistan, la missione ONU in Libano, la Palestina e l'imminenza di un attacco americano contro l'Iran

Intervista realizzata da Diego Sala alla Festa dell'Ernesto
6 ottobre 2006
Fonte materialiresistenti


Comincerei con una domanda sulle recenti vicende che hanno visto protagoniste Georgia e Russia. Dopo l'arresto di alcuni soldati russi in Georgia il presidente Putin è arrivato a sostenere che dietro a tutto ci sono gli Stati Uniti e la Nato. Cosa sta accadendo in quella zona?

La Georgia è una piccola ma significativa dimostrazione che gli Usa sono all'offensiva e continuano ad agire per stimolare tensioni nelle aree vicine alla Russia. È appena finita la crisi ucraina, con la sconfitta americana e della rivoluzione arancione, e gli Usa rilanciano l'offensiva. Putin dice esattamente come stanno le cose. Mikail Saakashvili è un burattino nelle mani di Washington. Gli Usa hanno tutto l'interesse a creare, anche in quell'area, una situazione di permanente tensione. Dire agli Stati Uniti di stare calmi è senza senso: gli Usa si stanno preparando alla guerra in grande stile, ogni focolaio di tensione è funzionale al loro disegno. Inoltre sono consapevoli che Putin non è più un alleato e quindi, a maggior ragione, hanno intenzione di destabilizzarlo. È chiaro che se la crisi russo-georgiana dovesse avere ripercussioni più gravi, sarebbe per gli Stati Uniti una straordinaria occasione per mettere la Russia contro tutto l'Occidente. Non a caso in una situazione in cui la Russia si sta avvicinando agli europei, a Chirac, alla Merkel, tutti inclini ad un rapporto positivo con la Russa in questa fase. La crisi georgiana evita appunto questo avvicinamento: è un progetto assolutamente chiaro e trasparente. Per questa ragione Putin - solitamente molto prudente - è stato in questa occasione esplicito.

Un altro fronte caldo è quello afgano: l'Afghanistan è ancora in preda ad una guerra feroce e la Nato non riesce a controllare il territorio. A questa crisi si intreccia il rifinanziamento della missione in Afghanistan, che ha visto l'opposizione forte di alcuni parlamentari della sinistra radicale. Cosa succede in Afghanistan e nel Parlamento italiano?

Gli Usa, pur perdendo la guerra, hanno purtroppo raggiunto un risultato: sono riusciti a coinvolgere l'Europa e la Nato, anche attraverso l'inganno. L'intera questione afgana è basata sulla truffa dell'11 settembre: le prove del coinvolgimento di Osama Bin Laden negli attentati non c'era allora come non c'è oggi (lo dimostra, da ultimo, la taglia che l'Fbi ha messo su Bin Laden senza indicare, tra i capi d'accusa, il coinvolgimento nell'11 settembre). Gli Stati Uniti hanno fatto approvare l'intervento della Nato fuori dai propri confini utilizzando l'articolo 5 e l'articolo 6, modificato con il concorso di D'Alema nel 1999. Gli europei sono stati coinvolti nella missione afgana lentamente e nebulosamente. Berlusconi ci parlava di "operazione di pace" e la sinistra, quando era all'opposizione, aveva assunto un atteggiamento molto moderato. Siamo andati in Afghanistan per un'operazione di polizia delimitata a Kabul e poi, lentamente, senza un dibattito politico, l'Italia è diventata parte integrante di Enduring Freedom. Al momento del rifinanziamento purtroppo il movimento pacifista si è presentato diviso, incapace di reagire e, sostanzialmente, subalterno. Si è trattato di un colpo durissimo a tutta l'esperienza del movimento contro la guerra. Io ho dichiarato che se fossi stato membro del Parlamento italiano avrei votato, senza alcuna remora, contro il rifinanziamento, e lo ribadisco tuttora. Noi oggi siamo in guerra: in una guerra che non è vincibile, in una guerra che è sbagliata alla radice e dentro un disegno molto più vasto che prepara un'altra guerra. Partecipiamo ad una missione che discredita l'Europa e l'Italia e moltiplica i motivi di odio nei nostri confronti. Il parallelo con l'Iraq regge perfettamente ed oggi la Nato ci chiede l'invio, anche per l'Afghanistan, di altre truppe. Sono molto critico con le componenti del movimento pacifista che si sono arrese di fronte al ricatto politico del centrosinistra. Si sono limitate a protestare senza affrontare il problema della strategia e di ciò che realmente stava accadendo. Noi oggi dobbiamo essere contro La Guerra che si sta preparando e non c'è ancora, serve un salto di qualità. Non si possono soltanto combattere le guerre in corso facendo del paficismo a posteriori. L'unica posizione pacifista è quella che guarda lo stato del mondo e si oppone anche alle prossime guerre. Nessuno ha avuto l'idea di chiedere al capo del governo italiano e al ministro degli esteri di dichiarare in anticipo l'indisponibilità dell'Italia a partecipare a qualsiasi operazione militare contro l'Iran. Ma questo deve essere detto subito! Perché gli Usa stanno già preparando l'attacco contro l'Iran e noi saremo travolti tutti; non ci sarà movimento pacifista che tenga. La guerra si sta preparando ora, sotto i nostri occhi. Bisogna allora cambiare il senso del movimento pacifista altrimenti ogni volta sottostiamo al ricatto della maggioranza, del rischio della crisi di governo e questo conduce sempre alla soluzione bipartisan, cioè all'inciucio. E l'inciucio con questi è un inciucio di guerra, non di pace.

Mi sembra di capire che anche il pacifismo deve diventare preventivo.

Esattamente: il pacifismo deve diventare preventivo, come la guerra.

Capitolo Libano. Il cessate il fuoco è finalmente seguito ad un mese di aggressione israeliana contro Hezbollah. Come giudichi la capacità di resistenza che il movimento Hezbollah ha prodotto e, in secondo luogo, la missione Onu. A chi fa comodo? Ad Israele o al Libano per fermare l'aggressività di Israele?

Al riguardo ho una posizione molto chiara e precisa. Sono stato favorevole alla forza di interposizione perché Israele ha lanciato l'attacco dopo essersi messo d'accordo con gli Usa e Bush. La preparazione dell'aggressione è avvenuta nei mesi precedenti, le ragioni contingenti (il rapimento di un soldato) sono ragioni assolutamente strumentali. Tuttavia Israele e Usa hanno commesso un errore, reso evidente dalla forza della resistenza Hezbollah, un errore palese: la guerra non si è vinta e gli Usa si sono rivelati palesemente dalla parte degli aggressori. Questo si è tradotto in un colpo molto grave al loro prestigio e alla loro possibilità di mantenere il ruolo assunto negli ultimi dieci anni: un ruolo di mediazione. Ora gli Usa non hanno più alcuna chance. Secondo punto: all'Europa si è offerto uno spazio prima inesistente. Ed è tanto più significativo che abbia preso iniziativa quella che Rumsfield chiama sarcasticamente la "Vecchia Europa". La Francia, l'Italia, la Spagna, in parte anche la Germania, si sono mosse con intenti di pace. Non penso che l'Europa stia togliendo le castagne dal fuoco agli Stati Uniti e che la missione Unifil II giovi, in ultima istanza, agli Usa. Tanto è vero che non sappiamo ancora come gli americani reagiranno. È, certamente, un coltello con due lame: se all'Europa va bene gli Usa perdono strategicamente un ruolo importante nell'area. Proprio per questo non sono convinto che all'Europa andrà bene. Il rischio è molto alto, ma se andasse bene gli Usa creerebbero difficoltà. In secondo luogo l'Europa è divisa, non c'è l'accordo della Gran Bretagna e dell'est Europa, a cominciare dalla Polonia. Ci sono una serie di variabili non ancora definite, ma dovevamo assumere l'iniziativa. Meglio esserci con tutti i rischi connessi. E c'è una controprova importante: i russi hanno accettato, seppure a modo loro, di starci. E la loro presenza è anche uno scudo preventivo. Bombardare o far morire i soldati europei per gli Usa non è un problema ma sparare si cinesi o sui russi è molto più complicato. Ora bisogna vedere come sarà gestita la missione. Molti pacifisti si sono gettati sull'operazione forse per la coscienza sporca che sentivano sull'Afghanistan. Ci sono mille se e mille ma e ci vuole una gestione politica. In questo momento l'Italia e l'Europa devono dire con chiarezza che l'operazione di interposizione in Libano non è rivolta contro la Siria, l'Iran ed Hezbollah. La Siria e l'Iran devono essere coinvolti nell'operazione, ed Hezbollah nella creazione dell'esercito libanese che controllerà il territorio. Tutte le altre soluzioni sono inaccettabili: ci vuole una soluzione dinamica, coraggiosa, forte. Se stiamo fermi alla prima provocazione avremo dei morti. Se vogliamo rimanere lì - come è giusto - senza farci massacrare dobbiamo metterci nelle condizioni reali di garantire la pace. Infine una nota: tutta questa operazione sta oscurando l'occupazione di Gaza e il massacro quotidiano dei palestinesi. Gaza è sotto blocco e Israele ha in mano 500 milioni di euro di tasse sulle importazioni che dovrebbe pagare ai palestinesi. È indispensabile che finisca l'assedio di Gaza e vengano pagati i palestinesi, altrimenti la guerra fratricida tra Al Fatah e Hamas rischia di intensificarsi. In definitiva: nessun entusiasmo acritico ma nessuna sottovalutazione delle chances che l'Europa si può conquistare.

D'Alema aveva proposto anche l'invio di truppe Onu per la Palestina.

D'Alema ha avuto un atteggiamento buono, che ho apprezzato. Bisogna che a queste occasionali dichiarazioni si dia seguito politicamente. Per esempio sarebbero urgenti incontri con Chirac, Merkel e Zapatero che giungano a formulazioni più chiare sul rapporto con la Siria e l'Iran: è inammissibile insistere soltanto con la forza: bisogna arrivare ad un negoziato, ad una soluzione politica. Se l'Europa lo dichiarasse avrebbe un enorme valore politico. E questo dovrebbe dire e richiedere anche il movimento pacifista, che invece è in silenzio.

E' verosimile che gli Usa nel giro di un anno possano attaccare l'Iran?

Io temo che siamo al dunque, siamo molto vicini all'attacco. Ci sono numerosi segnali che ce lo dicono. Si tratta di vedere quale sarà l'occasione che utilizzeranno come pretesto, ma la macchina di guerra è già pronta nei minimi dettagli. E vedo gli effetti che una soluzione del genere produrrebbe: altro che contingente di interposizione in Libano! In quel caso bisognerebbe evacuare il Libano immediatamente, lasciare tutto in massimo quarantott'ore. Avremmo centinai di morti in tutto il Medio Oriente, tra Afghanistan, Iraq e Libano. Se attaccano l'Iran salta per aria tutto, contemporaneamente.

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