Una discussione a tutto campo con Putin
Riferisce Giulietto Chiesa

Giulietto Chiesa

Fonte: Megachip
15 settembre


MOSCA - Bisogna dare atto a Vladimir Putin di avere, questa volta, detto con chiarezza cosa intende fare per quanto concerne il suo futuro politico e quale assetto istituzionale propone alla Russia per i prossimi dieci anni.

Lo ha fatto l’11 settembre nel corso dell’incontro con i membri del Club di discussione “Valdai”, riunito a Novo Ogariovo per una discussione a tutto campo ormai tradizionale sui rapporti tra la Russia e il mondo esterno.

L’informazione è stata chiara e qui la riassumo nelle battute essenziali. Un giornalista russo-americano gli ha chiesto, senza troppi giri di parole, se voleva dissipare dubbi e voci che circolano da molto tempo sui giornali occidentali di ogni latitudine e longitudine. La domanda suonava così: «Lei si è spesso lamentato che la Russia è assediata dagli stereotipi (s’intende degli altri, ndr) e che è costretto a combattere contro di essi. Devo dire che lo fa spesso con successo. Ecco, le chiedo di aiutarmi a liquidare due di questi. Il primo: il presidente Medvedev non è un presidente vero, e il paese è guidato da Vladimir Putin. Se questo è uno stereotipo, e non un fatto, come lo smonterebbe?»

La domanda non era, come si direbbe in Italia, “telefonata”, cioè concordata in anticipo. Infatti la prima risposta di Putin è parsa leggermente irritata, comunque sarcastica: «Se qualcuno sogna di notte diamogli modo di svegliarsi, di tornare in sé, farsi una doccia. Noi non siamo tenuti a dimostrare niente a nessuno…»

Ma, qualche secondo dopo, il capo del governo russo, ci ha ripensato e ha deciso di continuare, questa volta senza sarcasmo: «In Russia c’è un forte presidente. Che è il comandante supremo, che ha un enorme potere, che prende decisioni essenziali. Ma se lei guarda alla Costituzione Russa, vedrà che anche il governo ha grandi poteri e io mi sento a mio agio con questi». Dopo di che Putin ha fatto un cenno del capo aspettando l’arrivo del secondo stereotipo annunciato.

Il giornalista, Nikolai Slobin non ha messo peli sulla lingua: «Tutti guardano al 2012. Cosa farà Putin? Si metterà in concorrenza con Dmitrij Medvedev?»

Putin, con il suo caratteristico mezzo sorriso, piuttosto simile alla lama di un coltello affilato, ha immediatamente interloquito: «Nikolai, lei si ricorda come noi ci siamo fatti concorrenza nel 2008?».

Nikolai ha esitato un attimo e poi ha risposto: «No, non c’è stata concorrenza…».

E Putin, di rimando: «Ecco, non ci sarà nemmeno nel 2012…».

C’è stata una grande risata dei commensali attorno alla tavola. Che Putin ha subito smorzato con una rapida serie di notazioni nessuna delle quali era, evidentemente, improvvisata. Queste cose non si improvvisano, si pensano e poi, alla prima occasione utile, si dicono. «Noi ci metteremo d'accordo. Noi ci capiamo perfettamente. Noi siamo persone dello stesso ceppo sanguigno. Ci siederemo attorno a un tavolo, ci confronteremo in base alle concrete situazioni del momento. E decideremo tra di noi».

In questo modo ha tracciato, in modo esplicito, un modello di sistema politico. Diverso, nella forma e nella sostanza, da quello delle democrazie occidentali. Ma l’Occidente non dovrebbe troppo storcere il naso, visto che le caste politiche, le élites, spesso, anche in occidente, si mettono d’accordo alle spalle e al di sopra di elettorati che sono chiamati a ratificare, piuttosto che a eleggere, i leader e i partiti di cui conoscono solo la facciata, come i famosi “Villaggi Potiomkin”, dal nome del principe che faceva muovere lo zar, fuori dai palazzi del potere, tra paraventi dorati e fittizi, perché non s’inquietasse vedendo lo stato del proprio popolo.

In ogni caso bisogna dire che Putin lo stereotipo proprio la ha frantumato. Adesso sappiamo non cosa accadrà, ma come accadrà lo sappiamo. Sappiamo che non ci sarà alcuno scontro per il potere da qui al 2012, in Russia. Sappiamo che i due “numeri uno” hanno stretto, da tempo, un patto d’acciaio, che nessuno dei due è interessato a rompere, perché non c’è alcun bisogno di romperlo.

Il resto della lunga chiacchierata di Putin con gli ospiti del Gruppo Valdai è stato, in sostanza, una martellante demolizione degli altri decine di stereotipi che molti dei presenti gli hanno sciorinato davanti sotto forma di domande. A cominciare dalle responsabilità della seconda guerra mondiale. Il viaggio e il discorso di Putin a Varsavia aveva sollevato un’ondata di critiche malevole, che accusavano il leader russo di avere, in sostanza, difeso l’operato di Stalin, il patto Molotov-Von Ribbentrop del 1939.

Putin, rispondendo all’ex primo ministro polacco Miller, è partito con veemenza all’offensiva. La Russia fu l’ultima a firmare un patto di non aggressione con la Germania, dopo che a Monaco i grandi dell’occidente avevano già dato il via al cedimento. E quando Hitler invase i Sudeti l’allora governo polacco fece la sua parte occupando una parte della Cecoslovacchia. Dunque - ecco la sostanza di Putin – chi è senza peccato scagli la prima pietra, ma chi ha peccati da scontare, taccia. Per chi aveva dei dubbi è bastata, forse, la citazione di condanna espressa da Winston Churchill dopo Monaco.

Il resto è stato un puntuale rendiconto delle “ambizioni” russe, che Putin e Medvedev, insieme, ormai impersonano. Sulla guerra di Ossetia dell’agosto 2008, Putin ha ricordato che negli otto anni della sua presidenza, nessuna delle due repubbliche è stata riconosciuta dal Cremlino. «Noi – ha detto- al contrario abbiamo fatto il possibile in tutti quegli anni, cercando di avvicinare ossetini e georgiani. E mentre noi facevamo quello che potevamo, dall’altra parte si armava l’esercito georgiano e si incoraggiava Saakashvili ad attaccare. Ci hanno messo in una situazione insostenibile. Non siamo stati noi a crearla. Adesso non si torna più indietro».

La politica sociale interna di Putin sta sempre più prendendo l’aspetto di un welfare socialdemocratico spinto. Può farlo, s’è capito, se il barile di petrolio oscillerà attorno ai 60 dollari. E annuncia una riforma delle pensioni che prevede, come primo passo, un aumento del 35%, con l’aggiunta (frecciatina verso l’Europa sempre meno “sociale”) che la Russia non aumenterà l’età pensionabile, né per gli uomini, né per le donne.

La Cina? «Con la Cina problemi zero. Tutto fila alla perfezione». Non uno solo dei punti di contenzioso che si erano accumulati nei decenni precedenti ha resistito al lavoro negoziale. «L’Occidente tenga conto che chi vuole mettersi d’accordo con la Russia ha le porte aperte. Vogliamo solo che le stesse regole siano applicate per tutti».

Il giorno prima il presidente Chavez aveva rotto il ghiaccio, incontrando Medvedev, riconoscendo formalmente la sovranità dell’Ossetia del Sud. Il Venezuela è così il terzo paese, dopo Russia e Nicaragua, ad avere fatto il passo cruciale. Non seguirà una valanga, questo è certo, ma la Russia può aspettare. A settembre i dirigenti di Gazprom hanno inaugurato il gasdotto che porta il gas russo direttamente a Tzkhinvali, la capitale dell’Ossetia del Sud.

Su Obama, invece, Putin è stato accuratamente abbottonato. Alla richiesta di esprimere un giudizio sul suo operato si è sottratto con eleganza. Aspettano fatti, a Mosca. Per ora non sono arrivati fatti – ha detto Putin – ma i toni e le parole che abbiamo ascoltato indicano uno spirito nuovo. E ha aggiunto una notazione importante: «Quello che mi ha colpito nei colloqui che abbiamo avuto è stato che su diverse questioni del contenzioso del passato, l’analisi nostra e sua coincidono».

Ritorna alla prima pagina