Le bugie (sull’Afghanistan e non solo) hanno le gambe corte


Giancarlo Chetoni

Fonte: byebyeunclesam
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6 gennaio 2010


La conferenza di Kabul dei donatori pro-Afghanistan appartenenti alla cosiddetta Comunità Internazionale, inizialmente prevista per novembre 2009, è stata spostata a Londra e si terrà il prossimo 28 gennaio.
Il ministro Frattini avrebbe dovuto portare un assegno di 250 milioni di euro per sostenere il governo Karzai.
A quanto trapela dalla Farnesina, l’importo che verrà versato dall’ Italietta di Berlusconi & Napolitano sarebbe intanto lievitato a 315 milioni. Altre spesucce.
L’aggiuntino si sarebbe reso necessario per provvedere in quota spettante al reclutamento nell’esercito e nella polizia dell’ex vicepresidente della Unocal di 70.000 nuovi scarponi di etnia pashtun, appartenenti a clan e tribù capeggiate dai signori della guerra e del traffico di oppio fedeli a Karzai, che in virtù dei nuovi arruolamenti potrà contare su un organico combattente (si fa per dire) di 257.000 militari e militarizzati.
Siamo andati a vedere il PIL dell’Afghanistan e ci è venuto da ridere.
Previsto il congedo, o meglio la smobilitazione graduale, di altrettanti tagiki, uzbeki e hazara che fanno capo rispettivamente a Rachid Dostum, Burhanuddin Rabbani ed Ismail Khan.
Decisione pilotata dalla Clinton dopo il rifiuto di Abdullah Abdullah di partecipare al ballottaggio farsa messo in piedi dalla Segreteria di Stato USA per l’elezione del nuovo presidente dell’Afghanistan, al cui insediamento erano presenti i ministri degli Esteri Kouchner, Miliband e Frattini.
Elezione che ha generato le avvisaglie del terremoto che finirà per radere al suolo le residue speranze del generale-criminale di Abu Ghraib Stanley McChrystal di ottenere con il controllo militare di Enduring Freedom ed ISAF la “pacificazione” del Paese delle Montagne.
Non passa giorno che le minoranze tribali che la Clinton intende mantenere fuori dal governo dell’Afghanistan non manifestino a Kabul bruciando bandiere a stelle e strisce ed innalzino striscioni con offese sanguinose rivolte a Barack Obama chiamato “black dog” per le centinaia di nuovi morti ammazzati causati dai bombardamenti della Coalizione sui villaggi afghani.
La decisione presa dalla Casa Bianca di inviare altri 33.000 militari in Afghanistan porta a 102.000 gli effettivi USA ed i 7.000 chiesti dal Pentagono e dalla Segreteria di Stato alla NATO di Rasmussen, quando saranno schierati sul terreno entro il 2010, faranno lievitare quelli di ISAF (statunitensi esclusi) dagli attuali 36.000 a 43.000, anche se Olanda ed Estonia ritireranno i loro contingenti nel corso del 2010-2011.
I contractor afghani ed “internazionali” che operano a supporto della “sicurezza” della Coalizione Alleata sono stimati in oltre 100mila, con la prospettiva di superare presto i 150.000.
Il personale ONU concentrato nei maggiori centri abitati dell’Afghanistan supera le 5.500 unità.
La “cooperazione internazionale” tra esperti e tecnici della “ricostruzione”, operatori Ong, personale accreditato presso ambasciate e consolati e servizi di intelligence porta in dote dai 3 ai 4.000 addetti.
Il totale tra militari e civili presenti a sostegno di USA, Alleati e governo centrale entro l’anno potrebbe superare le 500.000 unità (!). Una bazzecola modello Vietnam.
I soli 33.000 militari aggiunti da Barack Obama, pescando tra la Guardia Nazionale di tutti gli Stati dell’Unione, costeranno al Pentagono circa 28-30 miliardi di dollari con avvicendamenti mai inferiori a 15-18 mesi.
Per le Overseas Contingency Operations di Iraq e Afghanistan se ne andranno, secondo stime previste, altri 200-250 miliardi di dollari.
L’ammiraglio Mullen ed il generale Petraeus hanno lasciato tra Baghdad ed il Kurdistan 145.000 tra ranger e marines.
Il Pentagono prevede 538 miliardi per uscite correnti di bilancio, 25 per attività legate alla Difesa (FBI, agenzie e centri studi) ed altri 110 per l’assistenza sociale ai veterani.
Negli Stati Uniti dall’autunno 2008 fallisce, a macchia di leopardo, ogni 72 ore una banca di piccole o medie dimensioni, i disoccupati in più sono 19 milioni, gli indigenti 36.
Il debito pubblico USA dal 30 giugno 2008 al 30 giugno 2009 è cresciuto di 2.053 miliardi, del 22% in un anno e nei primi sei mesi del 2009 di 845. In valore assoluto, esso ha toccato 11.579 miliardi di dollari.

Eravamo rimasti ai 315 milioni di euro che Frattini dovrà versare a Londra.
A quanto pare non basteranno.
Gordon Brown sempre per il 28 gennaio ha aperto nelle tasche degli italiani un nuovo capitolo di spesa.
Ha invitato i suoi principali patners internazionali per “discutere delle strategie con cui contrastare la radicalizzazione nello Yemen”. “La Comunità Internazionale (la Repubblica delle Banane è da sempre tra i primi 6 Paesi Donatori – nda) non deve negare – ha affermato – al suo legittimo governo il sostegno di cui ha bisogno per sconfiggere gli estremisti”.
Poi ha aggiunto: “La conferenza di Londra cercherà di incoraggiare e coordinare gli sforzi internazionali per migliorare lo sviluppo economico e sociale delle zone a rischio terrorismo”.
Inutile dire che l’iniziativa del summit per lo Yemen abbia riscosso immediate simpatie a Roma ed a Bruxelles.
Perfettamente inutile, inoltre, che Berlusconi giri nei supermercati di Arcore con la giacca blu regalatagli da Putin con lo stemma dell’aquila bicipite, quella della Terza Roma, quando a febbraio farà visita in pompa magna al suo omologo di Tel Aviv e non ha ancora trovato la faccia di far ospedalizzare al Gaslini di Genova od al Mayer di Firenze un solo bambino, un solo adolescente ferito o gravemente malato della intera Palestina occupata o di Gaza come ha fatto il suo “amico” Erdogan!
La statuetta di alabastro di Tartaglia gli ha fatto perfino cambiare alla svelta l’avversione, anche se mai pubblicamente dichiarata, per Fini-Napolitano & Soci.
Intanto il primo ministro di Sua Maestà ci chiede un aiutino in più per dare al Premio Nobel della Pace, che intanto se la gode alle Hawaii, l’opportunità finanziaria per aprire un terzo fronte di guerra, questa volta tra il Golfo di Aden e quello Persico.
Per il quarto in Somalia ci vorrà ancora un po’ di tempo, anche se l’annuncio ufficiale è già uscito dalla bocca del negretto di Washington a West Point lo scorso 25 novembre insieme al quinto, per ora solo minacciato, in Pakistan dove sono già all’opera gli UAV Predator, i Reaper e misteriosissimi terroristi che fanno strage con ripetuti e gravissimi attentati dinamitardi di uomini, donne, anziani e bambini nei Territori Amministrati e nelle Aree Tribali sul confine Af-Pak.
Stragi che hanno costretto sia la Russia che la Cina ad annunciare ufficialmente assistenza antiterrorismo, non meglio precisata, a Islamabad. Le delegazioni di Pechino e Mosca hanno già preso contatto con il primo ministro Yussuf Gillani ed il capo delle forze armate Ashfaq Kayani, che ha tolto la valigetta nucleare a Zardari per la sua sospetta amicizia con Bush e la nuova Amministrazione USA.
Uno sviluppo totalmente imprevisto dalla Segreteria di Stato USA, condannato peraltro senza riserve dal Pentagono già in allarme dopo il recente, durissimo intervento di Putin contro lo scudo antimissilistico degli USA, pubblicato sulla Pradva.
Un Putin promosso, per la circostanza, da primo ministro a presidente della Russia.
Un errore del quotidiano? Macché!
Alla Casa Bianca non devono esserci dubbi su chi comanda davvero al Cremlino quando sale la tensione a livello internazionale ed Obama minaccia sfracelli dopo la parentesi buonista di cui ha fatto sfoggio ad inizio mandato.
Torniamo a casa “nostra”.

Per capire quanto ci verrà a costare lo Yemen basterà dire che per il 2010 Londra ha già stanziato 160 milioni di sterline per “aiutare il Governo di Sanaa a migliorare la sua economia messa a dura prova – ha affermato Brown – dalle rivolte armate e da ben due guerre civili scoppiate nel nord e nel sud del Paese”.
C’è solo da sperare che Barack Obama si limiti a sfilarci dal portafoglio qualche altro centesimino senza chiedere a Napolitano, Berlusconi e La Russa anche degli scarponi da mandare da quelle parti, dopo l’attentato alle mutande “esplosive” di Abdulmutallab sul volo Delta Amsterdam-Detroit – che il sulfureo Omero Ciai di La Repubblica definirà “potenzialmente devastante e ad alta specializzazione ” – per combattere Al Qaeda nella penisola arabica. Nell’intento di rendere più credibile il pateracchio, RAI e Mediaset manderanno in onda il filmato di un vecchio DC-10 fatto saltare a terra, in zona fusoliera, da artificieri USA trent’anni fa con almeno una decina di chili di plastico. Volete sapere chi dovrebbero essere i capi terroristi di Al Qaeda nello Yemen?
Gli ex detenuti di Guantanamo n. 333 Mohammad Attik Al Harbi e n. 372 Said Basir Naser, guardacaso, ambedue recapitati, a quanto ci hanno fatto sapere, dalla CIA nelle mani accoglienti e premurose del presidente “aggredito” Alì Saleh.
Le identità reali, i trascorsi, gli spostamenti dei soggetti dati in pasto all’intera opinione pubblica occidentale sfuggiranno, statene certi, a qualsiasi possibilità concreta di accertamento.
Maroni intanto si dà da fare con i pacchi-bomba patacca a Linate, il petardo silenziato da cortocircuito – secondo la dichiarazione rilasciata dal Rettore – nei sotterranei dell’Università Cattolica o con la rievocazione dell’”attentato” alla Caserma Parrucchetti-Santa Barbara di Milano.
E dire che avevamo ampiamente previsto e scritto cosa sarebbe successo a cascata tra l’America e l’Europa con qualche mese di anticipo! Basterà andarsi a rileggere La farsa degli attentati islamici in Italia.
Un articolo su L’Unità ha anticipato il ritorno sulla scena di Pollari, questa volta alle dirette dipendenze della Presidenza del Consiglio con “incarichi speciali” per la lotta al terrorismo.
Ci auguriamo, per limitare i danni, senza poter fare gruppo con Pio Pompa, Mancini, Tavaroli e le squadrette dei ROS alla Telecom.
Renato Farina, ex vicedirettore di Libero, nel frattempo è passato a fare il peones del Cavaliere a Montecitorio per la XVI° legislatura.

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