Borghi e il cambiamento tradito

Pino Cabras
12 agosto 2019
da Facebook
corsivo e neretto nostri

Interessante la lettura della crisi di governo presentata dal leghista Claudio Borghi, presidente della commissione Bilancio della Camera dei Deputati. Borghi analizza la struttura del governo uscente identificando una componente che non tutti riconoscono, ma che conta assai: ossia il cosiddetto "Terzo Partito", che io definisco come la corrente palese dello Stato Profondo, mentre Borghi la definisce come "i tecnici pro-Merkel", fra cui lui include - ingenerosamente - persino il presidente del Consiglio dei ministri, Conte. Mentre io non vedo affatto Giuseppe Conte come espressione del Terzo Partito, bensì come un mediatore abilissimo che ha ricondotto al suo ruolo istituzionale una delle fasi più complesse della storia repubblicana, fino a risultare un'indispensabile interfaccia fra parti diversissime, un negoziatore capace che toglie parecchie pietre d'inciampo a tutti e guadagna perciò una popolarità elevatissima.

   Ma torniamo a Borghi.
L'economista afferma di aver avuto molti più problemi col "Terzo Partito" che con il M5S. Infatti del Terzo Partito dice peste e corna: «Ho visto cose pessime nella gestione di costoro di temi cruciali: dal MES, alle riserve auree, alle tasse, al deficit. Cose che ho sempre passato (quasi) sotto silenzio per senso di squadra e perché speravo di poterle alla fine cambiare anche grazie alla parte "buona" (che c'è) del M5S.»

   Qui siamo al cuore della cosa che ha sostenuto davvero il "governo del cambiamento": due forze politiche molto diverse, sollevate da una marea di voti senza precedenti, erano accomunate dalla spinta a cambiare le regole del gioco economico sin lì gestito per anni dall'Europa 'austeritaria', ed erano in qualche modo unite dall'intento di liberarsi dall'ingombrante tutela del Terzo Partito che aveva il controllo di alcuni ministeri chiave. Ricordo in proposito un mio incontro con Borghi a inizio 2019. Volevo parlargli dei Certificati di Compensazione Fiscale (CCF), su cui ho poi presentato una proposta di legge. Borghi fu tiepidino rispetto alla proposta, e nel parlare quasi sottovoce del Ministero dell'Economia e delle Finanze (e della burocratica attitudine di questo a insabbiare le innovazioni), fu praticamente rinunciatario in partenza. Ero deluso, perché l'uomo mi pareva assai arrendevole rispetto ai propositi bellicosi in materia di economia che pure lo avevano portato a essere candidato ed eletto nelle fila della Lega.

   Oggi invece, per giustificare la crisi di governo, Borghi afferma: «Ho detto "ok, anche per me va bene staccare la spina" solo quando è stato chiaro che il M5S aveva alla fine deciso e non avrebbe mai davvero lottato contro di loro». Cioè contro i potentati immobilisti del Terzo Partito. E aggiunge: «Ho peccato di ottimismo. Mi spiace, ma quanto fatto finora è stato buono, viste le condizioni, quindi non ho rimpianti. Tutto qui.»

   Eh, no, non è tutto qui, caro Claudio. La narrativa non regge. Se proprio volevate scardinare le resistenze politiche e burocratiche del MEF, potevate pretendere di sloggiare Tria dal ministero, e su quello minacciare la caduta del Governo, magari non a colpi di dichiarazioni adatte solo a offrire pretesti agli speculatori finanziari. Salvini, Borghi & C. non l'hanno fatto, invece. Se la sono presa ogni giorno con Toninelli, un ministro che (guarda un po') lavora e governa, e perciò diventa meritevole di beccarsi gli stalker che lo trattano da lavativo. Per questo motivo la storia non quadra. E intanto la spinta alle elezioni non fa partire l'importantissima commissione d'inchiesta sulle banche. Bel risultato.

   Salvini obbedisce ai diktat dei notabili della vecchia Lega Nord che rialza la testa e tarpa le ali ai Borghi e a quelli che vogliono bonificare l'acquitrino del Terzo Partito. Non sono certo i cinquestelle a voler impedire il cambiamento. Basta vedere chi fu il relatore della proposta di revisione costituzionale che incatenò l'Italia al pareggio di bilancio: era Giancarlo Giorgetti. Sarà con lui e Silvio Berlusconi che la Lega farà un bell'incontro i prossimi giorni, a coronamento del tradimento. Cioè con una forza fresca, giovane, classe 1936, per nulla usurata da un ciclo politico, libera da conflitti d'interessi. Con Silvio sì, che Borghi potrà sperare senza rimpianti di lottare e vincere contro le burocrazie. E magari fregiarsi del titolo di paladino della sovranità, in questo azzardo ferragostano che tradisce la speranza tutelata dal governo Conte.