Corea, Siria, Palestina:
il mondo che avanza e le elezioni italiane

Con una spettacolare mossa diplomatico-sportiva un grande piccolo paese - la Repubblica Popolare Democratica di Corea - ha beffato il colosso statunitense dimostrando, da un lato, di essere in grado di difendere la propria sicurezza e la propria indipendenza, dall'altro lato, di essere aperto ad ogni trattativa di pace che allenti la tensione nella penisola coreana e favorisca una riunificazione del paese, oggi diviso in due.
Mentre infatti gli scienziati e l'esercito nord-coreano hanno dimostrato di essere stati in grado di mettere a punto armi di dissuasione di massa, e relativi vettori, in grado di frenare le continue minacce e provocazioni imperialiste, contemporaneamente l'annunciata e concordata partecipazione di atleti nord-coreani alle olimpiadi invernali nella Corea del Sud ha permesso al governo di quest'ultimo paese, occupato da più di 70 anni da un imponente esercito statunitense, di smarcarsi dalla tutela del suo ingombrante "protettore". Le immagini pacifiche e gentili di sorridenti atlete delle due Coree che si incontrano al confine testimoniano di questo nuovo clima che lascia con un palmo di naso il presidente Trump, con le sue roboanti e tracotanti dichiarazioni, i generaloni americani, ed il falco fuori di testa, la rappresentante USA all'ONU Nikki Haley, sempre pronta a minacciare guerresfracelli.
Se ne è parlato e se ne parla in due convegni organizzati a Reggio Emilia e Bologna a metà gennaio e all'inizio di febbraio, di cui si riferisce in altre pagine della "Voce" e nei comunicati del GAMADI.

Nel frattempo anche sul fronte siriano, l'esercito governativo, con l'aiuto delle milizie alleate degli Hezbollah libanesi e di altri combattenti iracheni, iraniani e palestinesi, dopo aver sbaragliato nelle province orientali i fanatici dello Stato Islamico sostenuti e finanziati dai re e dagli emiri arabi reazionari e dai servizi segreti occidentali e turchi, ora avanza verso l'ultima grande roccaforte dei mercenari armati dall'imperialismo e dai loro alleati locali. Dopo Aleppo, sta per essere liberata nel Nord la provincia di Idlib, confinante con la Turchia, occupata due anni fa dalle bande di Al Qaeda.
La contromossa della Turchia, dopo il fallimento della sua politica di attacco diretto al governo siriano, e la conseguente apertura di una complessa trattativa con Russia ed Iran, alleati tradizionali del governo di Damasco, è quella di attaccare alcune zone della Siria settentrionale con la scusa che sono controllate dalle milizie curde che costituirebbero un pericolo per la Turchia. L'attacco provoca un grande strepito sulla stampa occidentale, ed una grande emozione in alcuni ambienti di pseudo-sinistra democratica.
Ciò dipende dal fatto che la posizione dei dirigenti curdi siriani ed iracheni è stata finora assai ambigua. Si sono prestati a fare da truppe mercenarie agli Americani, cui hanno fornito anche appoggio diretto per l'apertura di basi militari illegali nella Siria del Nord. Ora che sono attaccati dall'esercito turco, e sono sostanzialmente scaricati dagli Americani (che non possono mettersi apertamente contro la Turchia, il cui esercito è il più numeroso della NATO dopo quello statunitense) alcuni dirigenti curdi fanno sapere che gradirebbero un aiuto dell'esercito siriano, cui finora hanno negato l'accesso alla frontiera con la Turchia da loro controllata (fatto dimostratosi autolesionista).
Solo un'ulteriore grande prova di forza e di unità del popolo e dell'esercito siriano - su cui comunque c'è da essere ottimisti, visti i precedenti - ed una politica decisa, e non ambigua, da parte di Russia e Cina, che comunque hanno finora appoggiato il Presidente Assad, potranno dare uno sbocco finalmente positivo a questa complessa situazione.

Nel frattempo anche dalla Palestina giungono notizie, sia negative per un intensificarsi della repressione anche nei confronti di giovani donne e ragazzi adolescenti, ma anche notizie positive di uno scatto d'orgoglio della dirigenza laica palestinese, che finalmente parla con chiarezza denunciando la politica di appoggio degli USA al colonialismo israeliano, e negando che il governo statunitense possa agire da "mediatore". Speriamo sia il primo passo verso una strategia meno fallimentare di quella della finta trattativa sui "due stati" sviluppata finora. Anche in Egitto, Libia, ed alcuni paesi asiatici, africani e latino-americani la situazione appare in movimento: per ragioni di spazio ne parleremo nei prossimi numeri.

In Italia, invece, in attesa delle elezioni del 4 marzo, la situazione rimane stagnante. Lo schieramento incentrato sul PD di Renzi e Gentiloni insiste nella sua politica di appoggio al capitalismo nostrano ed internazionale, e di servile spalleggiamento dell'imperialismo USA. Il Governo ed il PD rivendicano la crescita di qualche 0,1 per cento della crescita drel PIL e dell'occupazione, spacciandola per uscita dalla crisi. In realtà stanno crescendo ulteriormente le diseguaglianze e la povertà ed i nuovi posti di lavoro incrementano solo la precarietà, specie a livello dei giovani, le cui prospettive sono veramente amare. Gli errori del sedicente "centro-sinistra" (compreso il modo strumentale e demagogico con cui viene affrontato il tema dei "migranti", fatto su cui bisognerà parlare con serietà in futuro, e dei "diritti civili") rischiano di favorire il ritorno in forze della "destra". Dall'altra parte il movimento 5 Stelle, cui pure diamo atto di aver portato una ventata di contestazione ed alcune idee nuove nel paese, che hanno contribuito a smuovere la situazione, paga oggi una sostanziale mancanza di strategia globale e presenta candidati in gran parte non all'altezza, salvo alcune lodevoli eccezioni. La presunta estrema sinistra è un coacervo di liste e listarelle intasate dai rottami di molte battaglie sbagliate e perse. Cresce, invece, il partito dell'astensione: un italiano su 3 secondo i sondaggi. Speriamo, ed operiamo, in modo che, dopo questa prova elettorale, che per ora ci blocca tutti, si possa far ripartire una dialettica politica reale.


26 gennaio 2018
Vincenzo Brandi