Kissinger: ultimatum a Putin

Maurizio Blondet

19 luglio 2007
Fonte: effedieffe.


MOSCA - Poche ore prima che Londra annunciasse l'espulsione di quattro diplomatici russi praticamente accusando Mosca di aver ordinato l'assassinio di Litvinenko, è accaduto un evento importante. Henry Kissinger è volato a Mosca per un colloquio riservato con Vladimir Putin. (1) Non si sa praticamente nulla di ciò che si sono detti i due: i media americani hanno coralmente censurato la notizia, seguìti come sempre dai media europei. Ciò significa, in fondo, che l'abboccamento era ritenuto della massima importanza per i poteri forti reali americani, quelli stessi che controllano e possiedono i giornali.

Il peso che tali poteri davano all'incontro è dimostrato dalla delegazione che ha accompagnato Kissinger a Mosca. C'era George Schultz, già segretario di Stato sotto Reagan, ma soprattutto grande eminenza grigia e uomo di collegamento tra tutti i poteri occulti politici, affaristici e finanziari: antico membro del gruppo di finanzieri che aiutarono l'URSS di Stalin con finanziamenti di favore, presidente dell'Advisory Council di JP Morgan Chase, membro della Hoover Institution e dell'American Entreprise, condirettore della Bechtel (la multinazionale delle infrastrutture petrolifere) nonché membro del Bohemian Grove, il  club dei potenti così esclusivo da far sembrare il Bilderberg un campo a ingresso libero. (2) A 84 anni, Schultz non è persona che viaggia, se non è assolutamente necessario. C'era Robert Rubin, già segretario al Tesoro ed oggi pezzo da novanta di Citigroup, dopo essere stato uno dei capi del New York Stock Exchange (la Borsa di Wall Street) e della Ford Motors. C'era Thomas Graham jr., ambasciatore, rappresentante speciale per la Non-proliferazione e il controllo degli armamenti (dunque un vecchio negoziatore con l'URSS ai tempi dei trattati SALT), nonché consulente dello studio legale Morgan Lewis. Era della compagnia anche David O'Reilly, presenza rivelatrice: è il presidente e direttore esecutivo della Chevron, oltrechè caporione della banca JP Morgan. Infine, c'era Sam Nunn, ex senatore, democratico d'estrema destra co-presidente del NTI (Nuclear Threat Initiative), grande esperto di armamenti strategici. Insomma una compagnia impressionante - vecchie volpi della guerra fredda, potenze economiche, massoniche ed ebraiche, apparato militare-industriale, dottori Stranamore - che si era radunata appunto per impressionare il «giovane» Vladimir (nessuno degli americani sopra citati è nato prima del 1938).

Tema dell'incontro: «Russia-USA: a view on the future». Risultato dell'incontro: come ha detto laconico Kissinger all'uscita (non ripreso dai liberi media occidentali), «apprezziamo il tempo che il presidente Putin ci ha concesso e il modo franco in cui ha spiegato il suo punto di vista». Nel gergo diplomatico, la «franchezza» sta per «totale divergenza». Possono aver parlato dello scudo antimissile che Bush sta piazzando in Polonia. Del Kossovo, alla cui indipendenza Putin è contrario. O magari dell'Iran, che Mosca aiuta nell'arricchimento dell'uranio. O più probabilmente, di come Gazprom abbia di fatto sbattuto fuori le petrolifere americane e britanniche dal goloso giacimento Shtokman, per associarsi invece a Total. O degli oleodotti e gasdotti che Putin sta facendo costruire nell'Asia centrale, e che «disturbano» i poteri occulti occidentali. Qualunque sia stato l'argomento, sappiamo che Putin è stato «franco». La delegazione è tornata con la certezza che il «futuro» della Russia e quello dell'America non coincidono. Meno di 48 ore dopo, il nuovo governo di Gordon Brown ha espulso i quattro diplomatici dell'ambasciata russa a Londra, dichiarando di farlo come ritorsione per il rifiuto di Mosca di estradare Andrei Lugovoi, che gli inglesi accusano di essere l'avvelenatore del povero Litvinenko col Polonio 210. Nelle stesse ore, il mafioso ebreo Boris Berezovsky, che ha a Londra asilo politico, denunciava pubblicamente alla BBC un «attentato alla sua vita» ordito dal Cremlino, e sventato dai servizi britannici. Era l'avvertimento degli intoccabili: la guerra sarà senza quartiere. La decisione britannica sembra aver colto di sorpresa Mosca, anche perché è di una gravità senza precedenti da quando è finita la guerra fredda. Londra ha per 21 volte rigettato la richiesta russa di estradizione contro Berezovsky, un criminale notorio e conclamato (ricercato da altri Paesi, fra cui il Brasile) e contro Akhmed Zakayev, il capobanda ceceno e pluri-assassino. «Se la Russia avesse usato lo stesso criterio, l'ambasciata britannica a Mosca avrebbe 80 diplomatici in meno», ha detto il viceministro degli Esteri Aleksandr Grushko.

Ma non basta: poche ore dopo, i media britannici rendevano noto: «Caccia della RAF si sono alzati in volo per intercettare due bombardieri strategici russi che dirigevano verso lo spazio aereo inglese». Altro annuncio senza precedenti: dove erano i bombardieri russi? A quanta distanza si trovavano dallo spazio aereo «verso cui» si dirigevano? E quante volte incidenti simili sono avvenuti, senza che ne sia stata data comunicazione? Stavolta non è un avvertimento, ma una chiara minaccia. Il perché è facilmente comprensibile.

La Russia detiene il 6,6% delle riserve accertate di greggio e il 26% delle riserve mondiali di gas, e da maggio 2007 è diventato il primo fornitore mondiale energetico, superando l'Arabia Saudita dalle riserve declinanti. Su questo tesoretto, le compagnie USA hanno dovuto lasciare la presa da quando Putin ha sostituito Eltsin a Mosca. Putin ha un gasdotto in comune con la Germania (quello del Baltico) e le fornisce l'80% del fabbisogno in gas. Ha stretto con Sarkozy l'accordo che ha portato Gazprom ad associare Total nello sfruttamento dello Shtokman. Ha in costruzione reti di gas ed oleodotti che porteranno energia alla Turchia e ai Balcani. Ha stretto con i Paesi-clienti accordi di cointeressenza e di lunga durata, evidentemente allo scopo di tagliare i vecchi legami da guerra fredda che legano ancora l'Europa agli USA. Per di più, è un ostacolo attivo al progetto della nuova NATO (e dei suoi cavalli di Troia in Europa, Barroso e Solana) di stabilirsi oltre il Mar Nero. Questo progetto è stato scritto nero su bianco in un documento, «The new North-Atlantic Strategy for the Black Sea region», preparato da una fondazione tedesca dal nome rivelatore (Marshall Fund for the United States) e presentato all'ultimo vertice della NATO. In questo documento, il Mar Nero e la Trans-Caucasia vengono definiti «la nuova frontiera euro-atlantica travagliata da conflitti ereditati dall'era sovietica». Secondo lo studio, questa «regione di conflitti congelati sta evolvendo in un aggregato funzionale sulla nuova frontiera di un Occidente in via di espansione».  

La NATO (ossia gli USA) vedono dunque l'area come una «frontiera», nel senso in cui il West americano era una «frontiera» mobile. Infatti, dice ancora il rapporto del Marshall Fund, «l'Azerbaijan e la Georgia insieme forniscono un corridoio di transito unico per convogliare l'energia del Caspio in Europa, oltre che un corridoio insostituibile per le basi NATO e le operazioni americane in Asia centrale e nel Medio Oriente esteso». Dunque la nuova frontiera mobile deve avanzare, conquistando e scacciando davanti a sé i nuovi pellerossa. In questo senso si comprende il tentato colpo di mano per dichiarare l'indipendenza del Kossovo, bloccato al Consiglio di Sicurezza dalla Russia. Il Kossovo è la prima testa di ponte verso l'area post-sovietica irta di «conflitti congelati», e dunque sfruttabili per creare instabilità, trovare Stati-satelliti allo scopo di una immensa balcanizzazione complessiva, estesa dall'Adriatico al Caspio. Se il Kossovo, ormai base americana,  diventa «indipendente», decine di staterelli «indipendenti» nasceranno sempre più ad Est. (3) Onde formare il famoso «corridoio» di Stati satelliti, riserve indiane e Bantustan giudicato essenziale dai poteri forti anglo-americani. Il perché è ancora una volta comprensibile. La durata dell'egemonia imperiale USA dipende dalla sua capacità di controllare l'economia globale. E questa dipende dalla capacità di continuare ad imporre il dollaro come moneta di riserva planetaria. A sua volta, questa «qualità» del dollaro dipende dal fatto che è la sola moneta richiesta per pagare il petrolio e il gas. Il dollaro è sempre più debole, il petrolio sempre più raro. E i due terzi delle riserve che rimangono sono sotto il Caspio. Dunque è imperativo per i poteri rappresentati dalla delegazione Kissinger a Mosca stabilire un fermo controllo sulla riserva del Caspio. Non possono permettere che un giorno il petrolio si paghi con yen, euro e yuan, o magari rubli. Sarebbe il «mondo multipolare»  auspicato da Putin al G-8.

Questo è andato a dire Kissinger con gli altri pezzi da novanta, quali che siano state le frasi esplicite: useremo ogni mezzo per prenderci il Caspio. Chiunque cerchi di impedirlo, sarà considerato il «nemico principale». O per dirla in russo, il «glavny protivnik». E questa è politica imperiale, non la follia neocon di cui è portatore Bush jr. Lui passerà, ma quella politica sarà portata a termine dal prossimo presidente USA, qualunque sia, perché è stata decisa negli immutabili centri di potere, superiori e intoccabili rispetto ad ogni processo diplomatico, che guardano alle condizioni di lunga durata per il proprio potere. Per loro, è letteralmente questione di vita o di morte. Ogni mezzo sarà usato. Instabilità fomentata, movimenti indipendentisti nati dal nulla, «democrazie colorate», traffico d'armi, attentati «islamici», ceceni e kossovari, propaganda e guerra psicologica, demonizzazione. Tutti i mezzi. Fino alla minaccia di guerra nucleare contro Mosca, il vero «Stato canaglia» da abbattere. L'Europa è naturalmente pedina di questo gioco. Senza nemmeno saperlo, vi è trascinata dai «cavalli di Troia» (e figli della medesima) dei poteri forti anglofoni a Bruxelles. In questo quadro, dà sollievo sapere che il Vaticano s'è scelto come consulente in politica internazionale proprio Kissinger, il messaggero dell'Apocalisse. Il mandante dell'omicidio Moro (secondo i familiari di Moro stesso) ha diritto alla piena fiducia della Santa Sede. Un buon cristiano.

Maurizio Blondet


 

Note

1) Mike Whitney, «Kissinger's Secret Meeting With Putin», ICH, 18 luglio 2007. [indietro]

2) Ecco la voce di Wikipedia, complessivamente esatta, su questo club: «….Nel 1891 l'organizzazione spostò parte della sua attività nell'omonimo 'Bohemian Grove', un bosco di sequoie  sito a Monte Rio, in California, di proprietà del club ufficialmente dal 1901. Il Bohemian Grove si trova al centro di un territorio storicamente chiamato la 'sacra Sonoma' e abitato dalla tribù dei Pomo. La cosiddetta 'Via della Morte' (dove i Pomo compivano riti divinatori e di cremazione)ed altri luoghi di Sonoma sono tuttora oggetto di grande interesse da parte di seguaci di riti neopagani. Queste sette attribuiscono al Bohemian Grove un singolare significato poiché credono sia posto all'incrocio di due 'linee esoteriche' che collegano i principali siti sacri di Sonoma. Il Bohemian Club organizza dal 1899 un elitario campo estivo di due settimane a cui partecipano anche migliaia di invitati, prevalentemente personaggi rilevanti del mondo politico ed economico. Il primo sabato del campo estivo si compie il tradizionale rito del 'Cremation of Care' (traducibile con 'cremazione dell'intento') chiaramente di origine occulta: una processione funebre a lume di torcia con uomini vestiti di rosso e con legni appuntiti addosso che concludono il rito con l'apertura di una bara contenente uno scheletro nero di legno vestito da donna, rappresentante appunto il 'Care'. Tra i manufatti presenti nel Bohemian Grove il più rilevante è un enorme gufo stilizzato alto circa 15 metri attorno al quale si svolgono tutti i riti. Il gufo, chiamato Moloch, è anche presente nel logo del Bohemian Club e su altri edifici presenti nel bosco. Moloch è una antica divinità pagana a cui era dedicato un culto che prevedeva anche sacrifici umani. Il famoso anchorman della CBS Walter Cronkite ha eccezionalmente prestato la voce al gufo per i rituali. [….]  Tra i 'bohemian' più noti troviamo personaggi del calibro di David Rockfeller, Henry Kissinger, Rupert Murdoch, Alan Greenspan, Stephen Bechtel, William F. Buckley Jr. Anche presidenti degli Stati Uniti (prevalentemente repubblicani) sono stati membri del Club come Herbert Hoover (che lo definì 'the greatest men's party on Earth'), Dwight Eisenhower, Richard Nixon, Gerald Ford, Ronald Reagan, Bill Clinton, George Bush Senior, George Bush Junior. Tra i politici ospiti del Bohemian Grove si possono citare Dick Cheney, Colin Powell, Donald Rumsfeld, George Shultz, Karl Rove, Al Gore, Newt Gingrich, Tony Blair, Jack Kemp, Caspar Weinberger, Shimon Peres, Helmut Schmidt, Michel Rocard, James Baker. Nell'estate del 2006 tra i circa 250 invitati erano presenti Rupert Murdoch, Tony Blair, Shimon Peres, Bill Cinton, Al Gore, Newt Gingrich, Colin Powell, Arnold Schwarzenegger, George Shultz, Phil Angelides, Billy Beane, Lawrence Summers, Bono». [indietro]

3) A proposito di un'azione di sovversione «occidentalista» finita male, si veda Thierry Meyssan, «En 1992, les États-Unis tentèrent d'écraser militairement la Transnistrie par Thierry Meyssan, Réseau Voltaire, 17 luglio 2007»: «Dans la confusion de l'explosion de l'URSS et des proclamations d'indépendance des États soviétiques, celle de la Transnistrie fut si peu médiatisée que les États-Unis, pressés d'asseoir leur influence, firent opposition à sa reconnaissance par l'ONU et tentèrent de l'écraser en soutenant une invasion Roumano-Moldave au-delà du Dniestr. Mais ils sous-estimèrent gravement les généraux de Moscou opposés à Boris Eltsine, qui par les moyens de la 14ème armée stationnée sur place permirent la victoire de la résistance populaire emmenée par l'actuel président de la Transnistrie, Igor Smirnov». La Transnistria è abitata da russi fedeli a Mosca. L'operazione indica fino a qual punto di pericolosità si possano spingere gli interessi USA. [indietro]

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