Anna Politkovskaya: Parlandone da viva

Maurizio Blondet

23 ottobre2006
Fonte: www.effedieffe.com
Link: http://www.effedieffe.com/interventizeta.php?id=1516¶metro=esteri


Dobbiamo riparlare di Anna Politkovskaya, la giornalista di Mosca, fiera critica di Putin, e uccisa a Mosca, probabilmente da criminali ceceni. Dalla Russia, una preziosa amica ci manda una preziosa lista dei premi che l'eroica giornalista, pianta da tutto l'Occidente liberale e democratico, aveva ricevuto da organizzazioni occidentali tra il 2001 e il 2005.

Premio Walter Hamnius (Berlino), motivazione: «Per il coraggio civile», 30.000 euro;
Premio annuale OCSE «Per il giornalismo e la democrazia», motivazione: «Per le pubblicazioni sullo stato dei diritti umani in Cecenia», 20.000 dollari USA;
Premio A. Sakharov (fondato da Peter Vinsom) «Il giornalismo come azione», 5000 dollari USA;
Premio «Global Award for Human Rights Journalism» (Amnesty International, Londra), 12.000 sterline inglesi;
Premio Artiom Borovik (fondato dalla compagnia televisiva CBS, si consegna a New York), 10.000 dollari USA;
Premio «Lettres Internationales» (Francia), motivazione: «Per il libro reportage», pubblicato in lingua francese, dal titolo «Cecenia - vergogna della Russia», 50 000 Euro;
Premio «Libertà di stampa» («Reporters sans frontières», si consegna a Parigi), 7. 600 Euro;
Premio Wolph Palme (Stoccolma), motivazione: «Per i risultati ottenuti nella lotta per la pace», 50.000 dollari USA;
Premio «Per la libertà e il futuro della stampa» (Leipzig), 30.000 Euro;
Premio «Eroe dell'Europa» (giornale Time), motivazione: «Per il coraggio», compenso ignoto;
Premio «Per il coraggio nel giornalismo» (Fondo internazionale femminile per la stampa), motivazione: «Per i reportages sulla guerra in Cecenia», compenso ignoto (intorno ai 15.000 Euro).

La lista può essere incompleta: contempla solo i premi di cui si è avuta notizia certa dai media russi. (1)

Nell'insieme, da queste fondazioni occidentali, la giornalista ha ricevuto 117 mila euro, più 85 mila dollari, più 15 mila sterline (pari a 21.500 euro). In Russia farebbero 7 milioni di rubli: una bella somma, in un Paese dove la paga minima è di 1.100 rubli mensili (32 euro), un insegnante guadagna tra i 50 e i 140 dollari al mese, e un chirurgo 400 dollari. Che dire?
Sicuramente la Politkovskaya avrebbe criticato Putin e la repressione in Cecenia anche gratis.
Resta il fatto che l'eroica giornalista (parlandone da viva, come si dice) è stata sistematicamente promossa, esaltata e ben finanziata da «fondazioni» e gruppi privati occidentali di un certo tipo: significativo il premio «Artiom Borovik», che si finge russo ma è invece promosso dalla rete televisiva americana CBS.

Siamo sicuri che la giornalista era in perfetta buona fede, non un omologo dell'agente Betulla.
Ma l'elenco dimostra che essa era manipolata, e spiega ancor meglio il giro di vite che Putin ha stretto contro le cosiddette «organizzazioni non governative» che in Russia operano per «la democrazia», «i diritti umani» e il «libero mercato».

Queste ONG sono, molto semplicemente, agenzie straniere d'influenza e di sovversione.
Già nel 2004 la Komsomolskaya Pravda, in una sua inchiesta, aveva identificato una quarantina di associazioni russe non-profit, di volontariato, nate «spontaneamente» dalla cosiddetta società civile, che altrettanto «spontaneamente» erano finanziate dal National Endowment for Democracy (NED): questa istituzione americana, che si proclama «indipendente» e proclama di agire per «rafforzare le strutture democratiche in tutto il mondo attraverso azioni non governative», è in realtà un braccio del potere americano.

Il suo presidente, Carl Gershman, è stato consigliere nella rappresentanza USA presso l'ONU, ed è un frequente opinionista sulle pagine della rivista ebraica Commentary e, naturalmente, del Wall Street Journal, New York Times e Washington Post.
Fra i suoi direttori figurano una quantità di ex ambasciatori, fra cui l'ambasciatore Morton Abramowitz; Michael Novak che è membro dell'American Enterprise (il noto centro neocon), il celebre Francis Fukuyama, Moises Naim (Carnegie Endowment for International Peace), e così via.
Questo istituto così indipendente sovvenziona in Russia organizzazioni «spontanee» come il Gruppo Helsinki (guidato da Ludmila Alekseeva), il «Fondo per la difesa della Glasnost», (A.K. Simonov), il fondo «Glasnost» (S. I. Gregorianz), il «Consiglio indipendente per la valutazione giuridica» (M. A. Poliakova), il «Movimento per i diritti umani» (L. A. Ponomarev), un'organizzazione con la sigla SIRPP che fa capo a «La Stampa», una «Agenzia di Informazione sociale», e un «Centro Panorama»…

Quest'ultimo è particolarmente interessante.
Diretto da un tale A. M. Verkhvkij, tale gruppo di volontario dispone di un «Centro studi e informazione Panorama» particolarmente sostenuto dalla NED: che gli ha sborsato 40 mila dollari per la costruzione di un sito web e per la pubblicazione di articoli che mettessero in luce «le minacce alla democrazia in Russia».
Parte del denaro, secondo la Komsomolskaja Pravda, è andato a pagare la consulenza di esperti che scrivessero «sui tentativi dello Stato di controllare la società civile, sulle crescenti limitazioni alla libertà di parola e sul ruolo dei valori democratici».
Il Centro Panorama si è specializzato nella denuncia di fenomeni xenofobi e di antisemitismo in Russia.
Il NED provvede a corsi di formazione per la gestione di organizzazioni non-profit (traduzione: sulle tecniche di agitazione e propaganda); per questi, nonché per l'attività di stampa e propaganda nel mondo, spende circa 1,2 milioni di dollari l'anno.
Si sa, la «democrazia» Made in USA non ha prezzo.
In ogni caso, questa informazione è utile a mettere in prospettiva l'attacco che i giornali italiani hanno sferrato a Putin per le sue recenti esternazioni al vertice europeo in Finlandia.
Gli europei là riuniti hanno obbedito ad ordini - impartiti da settimane dalle pagine del Financial Times e dal Wall street Journal - di rimproverare per l'ennesima volta a Putin «l'assenza di democrazia» e di «diritti umani», la «corruzione», la «criminalità», eccetera.

Queste punzecchiature anti-diplomatiche non sono ovviamente nell'interesse dei cittadini della UE, che hanno bisogno del gas russo più di quanto la Russia abbia bisogno di noi; dunque sono la prova che gli eurocrati obbediscono ad altri padroni, e sono disposti al suicidio politico per servire i poteri forti che sappiamo.
La reazione di Putin, abrasiva come è il suo stile, è stata: non accetto lezioni di democrazia da Paesi come la Spagna, in cui molti sindaci sono sotto inchiesta per corruzione; o dall'Italia, dove è nata una parola come mafia.
Avrebbe potuto aggiungere che Paesi della NATO, complici con gli USA in Iraq di una catastrofe umanitaria senza precedenti ormai vicina al genocidio (650 mila morti ammazzati, quasi 2 milioni di profughi) non hanno titolo per dare lezioni sui «diritti umani» a chicchessia.
Vladimir Putin si è comportato da uomo di Stato, che all'estero non accetta critiche alla sua patria. Fateci caso: l'esatto contrario di Romano Prodi. Che, in visita a Madrid, intervistato da El Pais, anziché dedicare l'intervista ai rapporti italo-spagnoli, ha sputato veleno contro i media italiani, ha denunciato un complotto della Confindustria contro di lui, ha accusato l'intero popolo italiano di evasione fiscale e di corruzione.
E' questo che non si fa all'estero, da parte di un uomo di Stato.

Putin dunque ha fatto bene, sapendo che l'attacco è concentrico e obliquo: per lo più, ogni sua parola viene deliberatamente travisata dai media occidentali, esattamente come fanno quando Ahmadinejad parla di Israele.
Tenete presente questo, e poi andate pure a leggere Il Corriere.
Titoli: «Putin attacca l'Italia, è culla della mafia».
Da segnalare soprattutto il pezzo: «Incalzate Putin», firmato da Bernard Henry Lévy, come volevasi dimostrare.
Questo philosophe che sostiene uno Stato genocida e razzista, vuole, anzi ordina, che noi europei incalziamo Putin perché la democrazia russa non è impeccabile; e perché c'è là una corruzione e una criminalità, in gran parte suscitate dalle manovre occidentali che ai tempi di Eltsin prescrissero ai russi il «passaggio istantaneo al capitalismo».
Lèvy ordina, e i nostri governanti obbediscono.
Stupidamente, a una cena diplomatica, e inutilmente. E contro i nostri concreti ed evidenti interessi. Suicidi per Giuda.

   Note

(1) Fonte: http://vokruginfo.ru/news/news15655.html

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