Che ne sarà di noi?

Carlo Bertani

Fonte: carlobertani.blogspot.com
Link: [qui]
12 luglio 2010


“Genio e follia hanno qualcosa in comune: entrambi vivono in un mondo diverso da quello che esiste per gli altri.”

Arthur Schopenhauer          

Un tempo, durante l’Estate, regnavano governi “balneari”: non sappiamo se fosse saggezza od ignavia però, quando i problemi s’affastellavano l’uno sull’altro e non si trovavano soluzioni, si decideva d’aspettare il più fresco Autunno per decidere con calma. Si richiamava Giovanni Leone, ed il governo “balneare” era fatto.
Oggi, invece, la “grande politica” (sic!) va in scena solo d’Estate: le schifezze accatastate lungo l’anno traboccano, e allora non c’è di meglio che farle sbordare d’Estate, sperando che gli italiani siano distratti dall’afa, dai Mondiali, dal richiamo di spiagge e monti. Una sequenza incredibile. La gente dell’Aquila presa a manganellate, un ministro nominato non si sa bene a che cosa – solo per salvarlo da un processo – e poi “ritirato” a furor di popolo, tangenti sull’eolico, dimissioni nell’appena eletta giunta campana…e poi la stizza del Quirinale sempre più evidente, per giungere all’infinita querelle sulla legge bavaglio per l’informazione…non a caso, il Financial Time titolava che, per Silvio Berlusconi, si trattava di un passaggio fra i più difficili della sua carriera politica.

E’ impossibile far finta di non capire la genesi degli ultimi sviluppi di corruzione: il nome di Flavio Carboni è un faro nella nebbia. Esponente della P2 – come Berlusconi e Cicchitto, solo per dirne due – già coinvolto nell’affaire Calvi, IOR, Banco Ambrosiano, ecc…guarda a caso è sempre lui che intesse la trama per far avere ai soliti noti le licenze per l’eolico, che costruisce l’ennesimo “teorema” fra le banche controllate da Verdini ed il territorio sardo, feudo di Cappellacci, uomo fidato di Berlusconi. Uno schifo senza fine.
Meno male che l’eolico era solo un “sogno” per ambientalisti naif! Da anni vado dicendo che è oramai una fonte seria ed affidabile (anche al netto dei Certificati Verdi), che potrebbe fornire circa la metà del fabbisogno elettrico italiano (vedi il mio “Venti nucleari” [1]), e lor signori se ne sono accorti, eccome se ne sono accorti!
Solo che noi, nelle nostre proposte, immaginavamo l’eolico pubblico – non l’ennesima privatizzazione – e la destinazione dei proventi a scopo sociale. Vagli a rubare una sola mela, a quelli.
Sempre “di passaggio”, è stato pubblicato [2] un sondaggio elettorale laddove, dalle intenzioni di voto, derivava questa situazione:

Centro Destra (PdL + Lega + altri minori): 41%
Centro: 22%
Centro Sinistra (PD + IDV + altri minori): 36%
Sinistra estrema: 1%

Dal punto di vista dei flussi elettorali, ciò che stupisce (ma vedremo che così non è) è l’affermazione di questo “Centro” che nascerebbe dall’unione tra Fini, Casini, Lombardo e Rutelli. Con la benedizione di Montezemolo.
La cosa non stupisce perché, a nostro avviso, è figlia legittima e diretta della manovra economica che il Governo sta per varare. Una manovra economica giocata sul filo del rasoio, nella quale i contrasti fra Berlusconi e Tremonti sono stati tenuti nascosti solo grazie alle pallide foglie di fico che Bonaiuti – da oggi, soprannominato “cortina fumogena” – ha steso.

Avevamo già previsto simili esiti in parecchi articoli – “Eutanasia di una nazione” [3], “Fine del miracolo liberista italiano e di un’epoca” [4] per giungere al più vecchio ma significativo “Quattro milioni di congelati? E cosa volete che sia… [5]” – ed oggi ne notiamo semplicemente la maturazione dei frutti.
La scelta, ritenuta obbligata per Berlusconi, di “blindare” il proprio elettorato non concedendo, ad esempio, aumenti delle aliquote per le rendite finanziarie, oppure dover soddisfare le molte “pruderie” dei grand commis di regime – basta una telefonata della Marcegaglia e cambia il vento – ha condotto, inesorabilmente, a far cadere la falce sui dipendenti pubblici.
Se qualcuno ha gioito bene ha fatto, perché si tratterà di una gioia assai breve: perché? Poiché, in Italia, chi tocca i dipendenti pubblici, muore. Da sempre, così è stato.

L’equazione berlusconiana – i dipendenti pubblici al centro sinistra e le partite IVA a noi – non funziona perché la realtà è più sfaccettata. A parte i lavoratori autonomi che non sorreggono Berlusconi (non saranno molti, ma esistono), quel che fa virare la cartina di tornasole è la fallace inferenza che i dipendenti pubblici siano tutti di centro sinistra. Il che, è falso.
Soprattutto nel Centro-Sud – dove le amministrazioni pubbliche sono piuttosto “gonfie”, ma non dimentichiamo la scuola o il comparto della sicurezza (ed altri ancora) – il “pubblico” non è mai stato, storicamente, un serbatoio di voti per la sinistra. Ha sempre diretto, invece, le sue preferenze verso il centro, del quale la DC era la signora e padrona.
Poi, con il passaggio alla cosiddetta Seconda Repubblica, quei voti furono acchiappati anche dal centro sinistra, ma soprattutto da Alleanza Nazionale. Oggi, se Berlusconi fa la conta dei parlamentari ex AN a lui fedeli oppure parte per la “campagna acquisti”, come già fece con Mastella e con Dini nel 2008, potrà anche acquistare qualche numero parlamentare ma, parallelamente, non acquisirà più i voti che li espressero.
Se consideriamo l’area di centro-destra, il sondaggio indica che si tratta probabilmente di uno spostamento del 7-8% verso il centro: certamente, in quei numeri, c’è parecchio dell’elettorato che fu di AN. Non è forse neppure giusto affermare che si tratti di una “corsa” verso il centro: si tratta, semplicemente, d’aver scoperto d’esser stati cornuti e mazziati.

Da più parti si è sempre affermato che il potere berlusconiano si regge sulla potenza mediatica – ed in parte è vero – ma solo fin quando la situazione economica presenta una “scivolamento” costante (e, quindi, meno percettibile) del potere d’acquisto e della ricchezza disponibile, come avviene da circa 20 anni.
Berlusconi ha sbagliato a non “spalmare” i costi della Finanziaria su più settori e quel sondaggio – unito alla frammentazione sempre più evidente della sua maggioranza (di più: ad Ottobre sarà superata la metà della legislatura …e quindi…pensioni assicurate per tutti i peones!) – indica che c’è una sofferenza grave, che non è poi così difficile da capire.

Le retribuzioni italiane [6] sono fra le più basse dell’UE, ed abbiamo alle spalle – a parte alcuni Paesi dell’Est – solo la Spagna. La media europea delle retribuzioni è di 37.677 euro/anno mentre il dato italiano è di 31.462.
Proviamo ad immaginare cosa si è provato in milioni di famiglie italiane di dipendenti pubblici nel sapere che, fino al 2014, le retribuzioni “non aumenteranno di un euro” (parola di Tremonti).
Di là del dato puramente economico, si tratta di un modo di porre la questione che ferisce, perché è come sputare in faccia a 4 milioni di persone (ed alle loro famiglie), dicendo loro “tu non servi a niente, per te solo carità”. A fronte, quegli stessi lavoratori, sanno benissimo che c’è un’evasione fiscale tollerata e stratosferica, nell’ordine dei 100 miliardi l’anno a dir poco.

Ora, che la pubblica amministrazione italiana sia sovradimensionata e poco efficiente è vero, ma questa responsabilità non può essere assolutamente scaricata sui dipendenti di media e bassa fascia (ossia, sulla gran maggioranza).
Sarebbe forse l’uopo di chiederne conto ai dirigenti ma, guarda a caso, gli alti papaveri della P.A. sono di nomina prettamente politica (palese o sottesa) e quindi “intoccabili”. E il numero?
L’ammontare del personale è ancora quello pensato in era “pre-computer”, quando gran parte del lavoro avveniva su base cartacea, e sarebbe stato auspicabile un ricambio generazionale (come c’è stato all’estero) per velocizzare il mutamento delle procedure. Qui, però, sono intervenuti più fattori a frenare il processo.

Il primo è conseguente alle varie “riforme” delle pensioni (delle quali, oramai, si stenta a tenere il conto), le quali hanno “congelato” il settore pubblico come se fosse possibile “fermare” in un fotogramma l’evoluzione del tempo in termini sociali, lavorativi, generazionali.
I tentativi di “aggiornamento in itinere” servono, ma è inutile e controproducente aggiornare persone che hanno più di 55 anni, poiché troppo breve è il periodo nel quale metteranno a frutto le competenze apprese. Inoltre – esperienza personale, di chi ha tenuto corsi d’aggiornamento – si nota chiaramente che, molte persone nate e cresciute in era “pre-computer”, fanno una fatica boia a comprendere i termini di un mondo così diverso da quello che hanno calcato per decenni: ci provano, ma rimangono ancorate a modalità che hanno interiorizzato per troppi anni. Si prenda, come esempio, l’acclarata “ignoranza informatica” di gran parte del mondo politico.
Si noti, inoltre, che l’innalzamento dell’età pensionabile riguarda – quello che sarà dopo il 2015 è, per ora, difficile da analizzare – quasi solo il settore pubblico: l’industria privata non avrebbe mai accettato di congelare fino a 65 anni tutti i dipendenti e, questo, non per improvviso amore verso i lavoratori, bensì per esigenze contingenti alla produzione.

Da un lato vecchie (spesso grandi) aziende che muoiono – dal mio, modesto punto d’osservazione ho potuto osservare la fine degli stabilimenti Montedison, ACNA ed ora di Ferraia/3M a me vicini – e che si trovano a dover gestire grandi masse di lavoratori (Pomigliano, Termini Imerese, altre…è sempre la medesima solfa). Una normativa “rigida” a 65 anni non potrebbe mai essere accettata, poiché non coerente con i tempi delle ristrutturazioni industriali. Difatti, esistono mille modi per uscire dal sistema privato: cassa integrazione, poi mobilità “lunga” fino ad uno spregiudicato uso della legge sull’amianto, che è servita spesso per sanare tutt’altro.
Questo per dire, in sintesi, che quando i padroni hanno bisogno di “far fuori” un po’ di lavoratori devono poterlo fare a “costo sociale tendente a zero”: ci deve pensare lo Stato. Insomma, il vecchio andazzo: le vacche grasse a noi e quelle magre scaricate sulla collettività. Difatti, le vendite d’auto di lusso e di grandi yacht vanno a mille.
Dove trova le risorse, lo Stato?

“Congela” il settore pubblico, s’appropria dei bilanci degli istituti previdenziali – come sta facendo con l’INPS il quale, ricordiamo, era una gestione separata dalla cosa pubblica mentre oggi, con l’azzeramento del suo consiglio d’amministrazione, diverrà una “costola” del Ministero dell’Economia – “storna” sul bilancio dello Stato 3,5 miliardi del fondo TFR alla voce della spesa corrente, “diluisce” (a quando?) il pagamento dei trattamenti di fine rapporto (liquidazioni) del settore pubblico.
Per fare in questo modo il Ministro dell’Economia, tutti saremmo in grado di sedere su quella poltrona: si tratta di un colossale gioco di “storni” da un capitolo all’altro, senza mai tentare di capire cosa si possa ancora fare per questa economia, quel mercatismo così osannato e considerato über alles. Se è ancora possibile: la schietta opinione di chi scrive è che siamo oramai al capezzale di un moribondo.

Il secondo aspetto riguarda più da vicino l’attuale governo, giacché attrezzare la nazione per una gestione informatica dell’amministrazione, del commercio, dell’istruzione…e via dicendo…significa creare infrastrutture (la banda larga, ad esempio) che non si vogliono attuare, pur mantenendo i finanziamenti per grandi (e dubbie) opere come le colossali colate di cemento.
Ad essere dei malpensanti, verrebbe da dire che tutto ciò che è “Web” risulta essere in aperta contraddizione con gli interessi privati del Presidente del Consiglio e poco gradito per gli aspetti politici (non è un mistero che l’attuale legge-bavaglio sia pensata soprattutto per “tagliare” la piccola e diffusa informazione Web) mentre, tutto ciò che è cemento, lo aiuta a mantenere fedeli le schiere che consumano territorio, cementificando a profusione. Così facendo, producono costanti flussi di tangenti: si veda, per una più approfondita trattazione del legame politica/cemento, il mio “La guerra di Cementland” [7].

Un altro fattore, che rende difficile – in un quadro d’economia di mercato – la forte riduzione del numero dei dipendenti pubblici è rispondere alla domanda: eliminando milioni di dipendenti pubblici, poi, che ne facciamo? In altre parole, come mangiano quei milioni di famiglie? Spostandoli, con l’azzeramento del turn-over, verso il settore privato? Ma se quello chiude o sposta all’estero le produzioni! Verso l’agricoltura? Certo: bisognerebbe, però, iniziare a “far fuori” tutto il mondo dell’intermediazione sui prodotti agricoli – di stampo camorristico e mafioso, a scelta – che regna nel settore, quello che paga le carote al produttore 9 centesimi e, al consumo, le vende ad un euro, con un ricarico di più del 1000% sul prezzo d’acquisto [8]!
Il turismo? La Francia – che non ha il 70% del patrimonio artistico mondiale come l’Italia – ci supera per presenze turistiche. Noi, a parte i soliti “santuari” – Venezia, Roma, Firenze – non siamo in grado d’attrarre il turismo nelle migliaia di piccoli borghi medievali, perché non sappiamo organizzare l’offerta. Si pensi a tizi come Bondi o la Brambilla (che dovrebbero pensarci!), agli spot di Berlusconi od a quelli che furono di Rutelli, e si capisce tutto.

La somma di questi fattori – l’innalzamento dell’età pensionabile, il mutare delle tecnologie mai compreso, l’impossibilità di spostare verso altri settori quelle persone, ecc – determina la stasi.
Quelle persone, però, votano: questo è il significato del sondaggio.
Torniamo al nostro sondaggio e cerchiamo di capire cosa possono pensare gli attori politici.

Berlusconi ne ha paura: ha paventato a Tremonti la possibilità di sostituirlo se non cambia la manovra economica, se non la rende meno distruttiva sotto l’aspetto del consenso, ma Tremonti – ingabbiato dallo stesso “mercatismo” che a parole disprezza (ma, allora, che ci sta a fare?) – ha risposto che a Bruxelles, carte alla mano, qualcuno dovrà pur andarci. Ed è rimasto al suo posto.

Fini medita, ovviamente, che la prospettiva di un partito di centro intorno al 20% (seppur in coabitazione) gli restituirebbe libertà di manovra politica e – siamo certi che nell’animo la cosa lo fa sorridere – gli consentirebbe una spietata vendetta nei confronti dei “colonnelli” di AN che l’hanno tradito.

Casini, ovviamente, tira un sospiro di sollievo per quella soglia del 6% che difficilmente riesce a superare: Rutelli e Lombardo, semplicemente, trovano casa.

Per Bersani la partita è interessante: seppur in coabitazione, un governo tecnico od istituzionale gli toglierebbe tante castagne dal fuoco, non ultima l’insperato ritorno nella “stanza dei bottoni” che tanto agogna, che taciterebbe le tante “anime dolenti” del partito. Per questa ragione, il PD – chiacchiere a parte – non si strappa le vesti per una finanziaria “lacrime e sangue”: già sa che dovrà dire di sì a tutto, basta ritornare al potere. La “lunga marcia” del partito, per depurarlo anche del minimo afflato di ciò che fu la sinistra lo rende, oggi, perfettamente coerente con un centro anonimo ma completamente appiattito su posizioni atlantiste e confindustriali.

Di Pietro, in questa situazione, è fra i meno desiderati. Proviamo a fare qualche somma: l’alleanza da Fini a Di Pietro prenderebbe il 58%, Berlusconi il 41%. Ma, se sottraiamo circa un 8% (Di Pietro), resta pur sempre un buon 50% dell’elettorato, sufficiente per estromettere Berlusconi dal potere. L’attuale fase d’incertezza (usiamo un tiepido eufemismo) politica non deriva da chissà quali “difficoltà” per estromettere Berlusconi dal potere, bensì dalla trattativa fra i vari attori per la spartizione della torta. Ai più attenti, non sarà sfuggito che siamo già nell’era “post-Berlusconi”.
Una simile “Santa Alleanza” non sarebbe facile da gestire, perciò riteniamo che Di Pietro non sarebbe della partita, poiché troppo inaffidabile. In egual modo, sarebbero da decidere i destini d’alcuni “transfughi”, il più importante dei quali potrebbe essere lo stesso Tremonti, visto che la Lega – in quel caso estromessa da qualsiasi velleità di federalismo o di secessione – non sarebbe certo più il suo angelo protettore.
Cavalcando la furia dell’antiberlusconismo, un’alleanza un po’ sui generis avrebbe buone chances di successo, soprattutto perché avrebbe la benedizione d’Oltretevere e d’Oltreoceano, del Colle e di buona parte di Confindustria. Senza dimenticare Mario Draghi, che potrebbe anche rimanere alla Banca d’Italia, poiché Tremonti (o chi per lui) sarebbe messo sotto tutela dalla triade Fini-Casini-Bersani.

I margini di manovra per Berlusconi sono strettissimi, per non dire nulli. L’uomo ha scarsa autonomia politica, poiché vorrebbe interpretare una sorta di liberismo estremo in salsa Thatcher o Bush, invece lo fa in salsa italiana, rendendo quel sistema ancora più incongruo e difficile da gestire. Basti pensare che, nei Paesi anglosassoni, nessuno mette in dubbio che le tasse vadano pagate, poiché quello è uno dei cardini del liberalismo economico e, il susseguente liberismo (o mercatismo), non si discosta da questa impostazione. Negli USA liberisti, per frode fiscale si va in galera. In teoria anche in Italia, con l’attuale ordinamento giuridico, ciò sarebbe possibile, ma un groviglio di norme – affastellate, abrogate, riscritte, contraddittorie, ecc – non lo rende possibile: in salsa italiana, appunto, vedi l’anacronistica cancellazione del reato di falso in bilancio. Inopportuno, in primis, per chi si dichiara liberista!

La semplice teoria berlusconiana – un mix di TV, condoni, “tolleranza mille” per l’evasione fiscale, aumento della spesa centrale clientelare con scaricamento a mare delle amministrazioni periferiche, ecc – non regge più di 2-3 anni, poi inizia a disgregare il bilancio dello Stato. E’ avvenuto nel 2004, sta avvenendo ora.
Paradossalmente, i “consigli” di Fini potrebbero allungare la vita del berlusconismo, ma qui entra in gioco l’alleanza – sempre passata come “naturale” – con la Lega mentre, in realtà, non lo è per niente.
Il referendum costituzionale del 2006 fu presto dimenticato e poco valutato per la sua importanza: dimostrò, senza ombra di dubbio, che una via costituzionale (o cecoslovacca) per la secessione (o per un federalismo che risultasse una secessione mascherata) non è attuabile. “Figli” di quel referendum furono l’MPA ed ora lo strano “animale politico” denominato PdL Sicilia, un anacronismo anche nell’ottica della più estremizzata teoria delle alleanze asimmetriche.

Sull’altro versante, la Lega Nord sa benissimo che – a parte le corna di Brenno, i fiumi di birra e le invettive di Gentilini – nessun “Gallo” scenderà mai a Roma con il forcone. E neppure si vedranno mai “milizie” legaiole nel Nord-Est: gli italiani amano chiacchierare, ma l’ultima cosa alla quale pensano è alla guerra, sia essa di liberazione, di religione, di conquista od altro. Da noi, vince sempre l’antico “armiamoci e partite.”
Il gioco della Lega è dunque semplice: distruggere dall’interno lo Stato, fare in modo che risulti così impresentabile da rendere in fin dei conti “giustificabile” un ricorso a Bruxelles per ottenere forme d’autonomia più marcate: la nota “teoria” del “Bordello”. Qui, allora, è sullo scenario internazionale che bisogna ragionare: l’UE è favorevole ad uno smembramento dell’Italia?

Lo era la Bundesbank all’epoca del sen. Miglio e della guerra balcanica ma, da quei giorni, molta acqua è passata sotto i ponti. Ricordiamo, per chi l’avesse dimenticato, che la secessione jugoslava iniziò con la suddivisione del debito jugoslavo (imposta dal FMI) fra le repubbliche, mentre – per dare una chance alla pace (!) – l’allora ministro degli esteri tedesco Kinkel “girò” alla Croazia l’armamento leggero e pesante appena ricevuto dalla ex DDR. Il risultato, dall’interazione fra questi fattori, era assicurato: le religioni, poi…quelle servono a scaldare gli animi per farti morire dissanguato, con la bocca nel fango, sull’argine della Drina.

Oggi, una dirigenza europea, farebbe un buon affare a soffiare sul fuoco della secessione? Non ci sembra proprio.
Se, oggi, esiste per l’Italia un “rischio greco” domani – con il Sud abbandonato a se stesso – diverrebbe una certezza. Con l’aggravio di un nazione che nascerebbe da una secessione, con poca chiarezza sui suoi equilibri costituzionali, con una classe dirigente raccogliticcia e poco affidabile e, dulcis in fundo, le più potenti organizzazioni criminali europee concentrate in un fazzoletto di territorio. Un buon affare per Bruxelles?

Non ci sembra proprio e, la “corsa” di Tremonti a Bruxelles – non dimentichiamo i legami del ministro con il Bilderberg – pare mostrare un altro scenario: non vi daremo scampo, sembrano recitare dai santuari dell’economia, ma non crediate di salvarvi facendoci lo scherzetto, ovvero mollarci un Sud allo sfascio e buonasera.
Se avete di queste panzane per la mente, provate a riflettere su una “cura” greca ma per tutta la nazione, senza esclusione di colpi e di confini “federali”.

Ecco dove s’arena la strana alleanza fra Bossi e Berlusconi: come due attori che hanno oramai voltato l’ultima pagina del copione, devono recitare a soggetto ed inventare delle parti senza averne le capacità. In fin dei conti, sono entrambi due stegosauri della prima repubblica.
Il secondo, inoltre, vede il personale del teatro, le comparse e qualche attore non protagonista che iniziano a squagliarsela alla chetichella, mentre il primo – all’ultima battuta sul copione – legge “Con questa legge, con il federalismo fiscale, finalmente i diritti dei popoli padani sono stati riconosciuti!”. Non potendo pronunciare la battuta finale (sotto, in corsivo, c’è scritto “applausi del pubblico”), balbetta: corre da Napolitano, corre da Fini, corre al cesso.

E noi?
Ci tocca assistere a questo teatrino d’infima categoria, però siamo anche confortati dal fatto che – alle ultime elezioni regionali – più del 40% non s’è recato alle urne od ha invalidato il voto: siamo quasi a metà!
Non tutti, ovviamente, avranno scelto l’astensionismo consapevole però – fra i massimi storici sulla partecipazione al voto e questo minimo – c’è un 30%, circa 12 milioni d’elettori.
Questa, non è un più una semplice questione di flussi elettorali: siamo di fronte ad un problema o, se preferite, ad un evidente mutamento sociologico.

Dopo anni ed anni nei quali, sul Web, si sono intrecciate liti e discussioni su ogni argomento, una buona fetta d’italiani non si riconoscono più in questo modo raffazzonato di gestire la cosa pubblica, sono presi da conati di vomito quando ascoltano le solite battutine sceme oppure le schermaglie prive di senso e senza nessun fondo di vera politica. Per giunta, urlate: la disfida dei vuoti pneumatici.
Una consistente parte della popolazione ha maturato molti argomenti politici: dall’energia alla moneta, dall’agricoltura di qualità alla gestione del territorio, da trasporti meno energivori ad una scuola meno stupida. Non continuiamo per non tediare i lettori.
Pur con delle differenze e dei distinguo, questi (ed altri) sono gli argomenti che interessano la parte che consideriamo più “evoluta” (in senso politico) della popolazione italiana: ossia, quelli che sanno riconoscere il significato del termine “politica”. Trovare le migliori soluzioni per il governo della nazione: oggi, fanno a gara per scovare le peggiori!

Nei mesi che verranno, gli equilibri politici saranno destinati a cambiare – non dimentichiamo quanto si senta meno “legato” un parlamentare che ha maturato la sua bella pensione in 30 mesi – anche perché si sono oramai varcati dei livelli di guardia: la gente dell’Aquila bastonata in piazza è un evento inaudito.
Inoltre, sembra che fuori dal “giro G8/Maddalena/L’Aquila/Eolico…tangenti varie, siano rimasti soltanto la Gelmini, Bondi e qualche peones. Un po’ poco per tentare una risalita.
Un governo di “salute pubblica”, però, non cambia molto la questione poiché gli attori che avanzano sono tutti degli sfegatati mercatisti, gente vecchia, senza idee, senza verve, solo colmi di gusto per il potere.

Una delle prime cose che si dovrebbero chiedere a gran voce – riteniamo molto improbabile che gli italiani scelgano la piazza per regolare i conti – è l’abolizione di questa legge elettorale per tornare, almeno, ad eleggere qualcuno che non sia solo un “senatore del Re”.
Una tornata elettorale con un sistema proporzionale puro – preceduta da uno sfoltimento delle procedure per la formazione di nuovi partiti (50 firme come in Germania) – avrebbe il gran pregio di “liberare” le energie che ci sono, che sono presenti nella società italiana e di proporle all’attenzione del pubblico. Soprattutto, sarebbe necessario eleggere gente più giovane – 40enni, ad esempio – ed in questo senso Beppe Grillo ha ragione. Proviamo a chiederlo in tanti, ad assordare qualsiasi governo salga in cattedra.
Quel Parlamento, eletto in quel modo, sarebbe la vera fotografia della società italiana: lì, potrebbe veramente iniziare un percorso di rinascimento politico. Ovvio che, per l’attuale ceto politico, la proposta sarebbe fumo negli occhi ma dovrebbero rendersi conto – tutti – di non avere più niente da dire, da proporre, da provare, salvo le solite alchimie di bilancio viste in chiave di fedeltà elettorale. Ma, le ultime elezioni e quel sondaggio indicano che la fedeltà elettorale è sempre più evanescente.

Sarebbe necessario iniziare a discuterne ed a proporlo da più parti – senza più le pelli di salame agli occhi della Destra e della Sinistra – perché non crediamo che ciò che compare sul Web scompaia il giorno dopo. Semmai, questo è vero per la carta stampata: il giorno seguente, è solo più buona per incartare le uova.
Siamo convinti che, la discussione e la propagazione di questa semplice ma corrosiva proposta politica, potrebbe generare frutti.
Senza una simile, drastica decisione, anche quei politici che – in buona fede o, più spesso, in cattiva fede – affermano la necessità di un cambiamento, si devono rendere conto che la questione, oramai, si pone in termini di classe politica, non di partiti.
Qualcuno potrebbe essere intimorito per ansie di “ingovernabilità”.

Scusate, la cosa ci fa sorridere: tutto il can can creato ed organizzato prima con il maggioritario, poi con questa roba assurda, che è solo buona per eleggere segretarie compiacenti e cialtroni vari – non a caso denominata “Porcellum” – servirebbe per governare?
Ah, ah, ah, ah, ah…

Note

[1] Vedi : http://carlobertani.blogspot.com/2009/03/venti-nucleari.html
[2] Fonte: http://www.repubblica.it/statickpm3/rep-locali/repubblica/speciale/2010/sondaggi_ipr/terzopolo.html?ref=HREC2-1
[3] Vedi: http://carlobertani.blogspot.com/2010/06/eutanasia-di-una-nazione.html
[4] Vedi: http://carlobertani.blogspot.com/2010/06/fine-del-miracolo-liberista-italiano-e.html
[5] Vedi: http://carlobertani.blogspot.com/2010/05/quattro-milioni-di-congelati-e-cosa.html
[6] Vedi: www.repubblica.it/economia
[7] Vedi: http://carlobertani.blogspot.com/2010/02/la-guerra-di-cementland.html
[8] Vedi: www.repubblica.it/crooloprezzi

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