"L'Occidente è ancora colonialista"

Il discorso del Presidente Bashar al-Assad
alla cerimonia di insediamento per il suo terzo mandato presidenziale
16 luglio 2014

          Onorevoli siriani, liberi rivoluzionari siriani,
Sono passati tre anni e quattro mesi da quando qualcuno dichiarò a vostro nome: «Il popolo vuole». Sì, il popolo voleva… il popolo decise… il popolo agì.

Alcuni anni fa, qualcuno chiese la libertà – la vostra risposta è stata di rimanere liberi in un’epoca di sottomissione, di essere padroni in un’epoca di schiavitù. Hanno voluto parlare per voi con le loro richieste di democrazia – la vostra risposta è stata di mostrare loro la vostra volontà nella maniera più democratica e di rifiutare l’intervento straniero nei vostri affari nazionali; voi scegliete la vostra costituzione, voi scegliete il vostro parlamento, voi scegliete il vostro presidente. Durante tutto questo, la decisione è stata vostra e la vostra volontà ha creato la nostra democrazia. Cantavano: «Il popolo siriano è unito!» – la vostra risposta è stata di confrontarvi con le bufere della sedizione, senza mai permettere ai venti della divisione di avvelenare i vostri cuori e le vostre menti; siete stati veramente un popolo con un suo cuore.

Hanno predicato: «Si sottomettano davanti ad Allah!» – la vostra risposta è stata di non sottomettervi mai ai loro padroni, di non arrendervi mai e di non mollare mai. Siete stati rapidi e vi siete messi in fretta a disposizione della vostra Patria, credendo sempre in un solo Dio, un Dio che non condivide i Suoi poteri con superpotenze e che non potrà mai essere sostituito con petrolio o dollari. E quando dissero: «Allahu akbar!» – Dio fu più grande di costoro e dei loro sostenitori, perché Dio è sempre dalla parte della giustizia e la giustizia è dalla parte del popolo.

In questi anni, mentre loro parlavano, voi agivate; loro sono affondati nelle loro illusioni, mentre voi avete costruito oggi una realtà. Loro hanno chiesto una rivoluzione e voi siete diventati i veri rivoluzionari; perciò, congratulazioni a tutti voi per la vostra rivoluzione e le vostre vittorie e congratulazioni alla Siria per il suo grande popolo e la sua fermezza.

Congratulazioni alla Siria, il cui popolo ha resistito ad ogni forma di egemonia e di oppressione con tutti i mezzi disponibili: con la ragione, con l’intelletto e con la coscienza patriottica. Ci sono coloro che combattono con le armi in pugno, coloro che combattono raccontando la verità e coloro che continuano a combattere con il loro grande cuore nonostante tutte le minacce.

Congratulazioni alla Siria, il cui popolo ha resistito ad ogni forma di paura e terrorismo ed ha votato al referendum e alle elezioni sotto il fuoco, contrastando l’aggressione, gli aggressori e le loro macchinazioni. Questa fermezza ha fatto cambiare tutte le aspettative, le circostanze e i fatti; le posizioni sono cambiate, dei personaggi si sono ritirati, la retorica è decaduta, le alleanze si sono vanificate, i consigli si sono divisi e altre istituzioni si sono disintegrate. Molti, che erano ciechi di fronte alla verità, per ignoranza o per inganno, hanno riacquistato l’orientamento. I veri motivi sono stati rivelati quando la loro maschera di verità e rivoluzione è caduta e hanno messo le loro zanne nella carne siriana, uccidendo, impiccando e consumando cuori e vite. Ogni gioco sporco è stato usato; non hanno evitato di percorrere nessuna via perversa o deviata. Eppure hanno fallito.

Hanno fallito nell’attuare i loro programmi per i diritti e gli interessi del popolo. Hanno fallito a convincervi che avevate bisogno di guardiani per gestire i vostri affari e quelli del vostro paese. E, infine, hanno assolutamente fallito nel farvi il lavaggio del cervello e nel smorzare la vostra volontà. Avete resistito alla tempesta con i vostri sforzi; siete rimasti come delle lance di fronte al tradimento. Avete ottenuto il vostro obiettivo; avete innalzato la voce della giustizia al di sopra di tutte le menzogne, le ipocrisie, le distorsioni e le diversioni. Avete costretto il mondo intero a vedere la verità, una verità che hanno provato, per tre anni, a seppellire e a sradicare; facendola sopravvivere, questa verità è emersa, ed ha distrutto, in qualche ora, imperi – la politica, il petrolio, i media. Sì, le poche ore nelle quali voi avete espresso le vostre opinioni e mostrato la vostra determinazione sono state sufficienti per cancellare tutte le falsificazioni ed il terrorismo psicologico e morale esercitato per anni contro la Siria. Queste elezioni non sono state solo una procedura politica come in altre parti del mondo; sono state una battaglia a più dimensioni contro la quale hanno provato di tutto affinché perdessimo.

Per i nemici della nostra Patria queste elezioni sono state lo strumento che aspettavano per delegittimare lo Stato e mostrare che il popolo siriano era debole, disunito ed incapace di regolarsi da sé o di prendere decisioni indipendenti; il tutto, per creare una giustificazione all’intervento straniero, che potevano legittimare con vari pretesti.

Per noi cittadini, queste elezioni sono state una vera dichiarazione di appartenenza alla nostra Patria che va nettamente al di là di una carta di identità o di un passaporto. Sono state una battaglia per difendere la nostra sovranità, la nostra legittimità, la possibilità di adottare decisioni per la nazione e la dignità del nostro popolo. L’alta affluenza alle urne è stata una decisione di sovranità contro ogni forma di terrorismo; per molte persone, ciò che era importante non era tanto chi avesse vinto, ma piuttosto ciò che ne sarebbe risultato. Con i vostri voti, voi avete abbattuto sia i terroristi sia gli agenti siriani che hanno fornito loro copertura. Avete abbattuto i loro padroni – gli orchestratori, tra cui le superpotenze e i loro stati satelliti, coloro che hanno preso le decisioni e gli esecutori obbedienti.

Il risultato delle elezioni ha abbattuto anche tutti gli opportunisti che hanno utilizzato la crisi per un guadagno personale a spese di altri, ha abbattuto tutti coloro che si sono distanziati dalla battaglia aspettando di vedere dove si sarebbe posizionata la bilancia del potere, hanno abbatutto tutti coloro che si sono schierati contro la volontà del popolo astenendosi da questo importantissimo dovere nazionale o incitando l’astensione o il rinvio delle elezioni, adottando, con coscienza o per ignoranza, la stessa linea dei nemici del popolo siriano.

Per quanto riguarda le elezioni che si sono svolte all’estero, e che erano di importanza sia effettiva che simbolica, si sono rivelate essere uno schiaffo in faccia ai media ostili, che hanno compiuto tutti gli sforzi possibili per dipingere tutti coloro che hanno lasciato la Siria come nemici dello Stato e della Patria. Esprimendo le loro opinioni, gli espatriati e i rifugiati siriani hanno ammutolito il mondo. Hanno incarnato l’immagine patriottica dei siriani e della loro tenacia quando si attaccano all’indipendenza delle loro decisioni e alla protezione della loro sovranità. Le loro circostanze di espatriati o rifugiati non li hanno ostacolati dal portare a termine questo cruciale dovere nazionale.

Hanno partecipato in gran numero nonostante il dolore fisico e morale. Alcuni, nonostante le pressanti necessità, hanno rischiato la loro vita, la loro residenza e hanno affrontato le minacce che volevano impedire la loro partecipazione. Coloro che sono contro di noi non potevano immaginare che i siriani avrebbero portato con sé i loro passaporti e avrebbero scelto il loro candidato alle urne. Queste semplici mosse hanno messo in panico i nostri nemici, perché sapevano e avevano capito che queste elezioni rappresentavano una presa di posizione a difesa della Patria, della sovranità e della dignità. Ecco perché hanno cercato di ostacolare le elezioni in altri paesi e in altri stati arabi. E qui giace l’ipocrisia dell’Occidente: dicono di voler difendere quelle stesse persone alle quali hanno cercato di impedire di esprimere le loro opinioni, quando è diventato chiaro che queste opinioni contraddicevano ciò per cui hanno lavorato duramente tre anni. Ciò nonostante, li ringraziamo per avere impedito che le elezioni si svolgessero nei loro paesi, perché, attraverso la loro ignoranza, hanno ulteriormente rafforzato la legittimità delle elezioni, piuttosto che averle compromesse. I nostri connazionali che vivono fuori dal confine della Siria hanno dichiarato che sono siriani, col cuore e con l’anima, e hanno convalidato la nostra posizione fin dall’inizio, quando hanno lasciato il loro paese a causa della brutalità e del terrorismo dei gruppi armati. Altrimenti, come potrebbe una persona ragionevole accettare che gli stessi cittadini che sono stati presumibilmente attaccati dallo Stato e sono fuggiti dalla sua oppressione, lo sostengano poi con l’entusiasmo e lo spirito di sfida degli espatriati siriani che hanno preso parte alle elezioni? Come potrebbe un cittadino, con tale odio verso il proprio paese, come alcuni hanno ipotizzato, passare dall’essere un pugnale nella schiena della sua Patria ed un peso per essa, come alcuni hanno cercato di far credere, ad essere un forte sostenitore della Patria come abbiamo visto?

Vorrei estendere i miei migliori saluti e il mio apprezzamento a tutti i cittadini, e voglio ribadire che sono più ottimista che mai sul fatto che, nella situazione attuale, sarà restaurato lo Stato nel quale tutti i siriani onorevoli e fedeli potranno ritornare. Sono fiducioso che costoro saranno i primi a ritornare, per sostenere il paese da dentro, non appena le condizioni che li hanno obbligati ad andarsene scompariranno.

Fedeli cittadini, avete dimostrato, attraverso la vostra storia, che non avete paura delle sfide, ma piuttosto le imbracciate, senza timore di chi sia lo sfidante. Avete fatto fallire i nostri nemici e dimostrato la loro artificiosità e la loro ignoranza. I centri di ricerca e di studio saranno impegnati per anni nel cercare di dare delle risposte a quel che è successo, al fine di identificare i loro sbagli, i loro errori di calcolo e i loro giudizi errati. Non troveranno mai una vera risposta, perché i nemici dipendevano da lacchè e da agenti stranieri. Non sanno, o non riescono a capire, come rapportarsi con il popolo patriottico, padrone e onorevole, ed è per questo motivo che sono più capaci di comprendere i termini “sottomissione”, “umiliazione” e “dipendenza”. Non sono capaci di intendere il vero significato dell’onore, della sovranità e della libertà. Coloro che pretendono di prevedere il comportamento e la reazione di un popolo antico e civilizzato, dovrebbero possedere lo stesso spessore storico e culturale per poter capire la forza di un grande e tenace popolo; questo si manifesta solo nelle grandi crisi nazionali e nei grandi passaggi storici.

Oggigiorno, voi siete più capaci di insegnare, al popolo sottomesso nella nostra regione Araba, concetti che essi non conoscono, come quelli di “sovranità”, “perseveranza”, “resistenza” e “dignità”. Siete più capaci di dar loro lezioni di democrazia, di come il popolo debba prendere parte alle decisioni e nel determinare il proprio destino nazionale, e, di conseguenza, siete più capaci di far percepire loro cose che in precedenza non avevano mai udito, come “elezioni”, “libertà”, “diritti”, “stato”, “civilizzazione”; essi hanno conosciuto solo l’oppressione, l’estremismo, la servitù, la dipendenza e l’esportazione del terrorismo. Le elezioni presidenziali sono state, per molti siriani, un proiettile sparato al cuore dei terroristi e di coloro che si celano dietro di essi. Milioni di proiettili sono stati sparati, hanno colpito i loro cuori e le loro menti malate, e sono stati depositati nelle urne. Questi proiettili dimostrano che tutti gli imperi della politica, del petrolio e dei media, non contano niente, quando hanno di fronte una posizione veramente patriottica; hanno dimostrato che, tutte le loro parole e i loro annunci in questi ultimi anni, si sono disintegrati in qualche ora di fronte ad un popolo onorevole ed unito. Quei proiettili hanno provato che tutti quei nemici, con il loro terrore, il loro terrorismo e le loro bombe, non hanno valore né importanza; potranno essere capaci di fare del male e causare danni, ma sono incapaci di vincere; potranno minacciare, ma non possono spaventarci.

Vorrei esprimere la mia gratitudine e il mio apprezzamento al Dr. Hassan al-Nuri e al Sig. Maher Hajjar, che, partecipando a queste elezioni, hanno espresso la cultura e la maturità siriane nell’esercizio della democrazia, i diritti dei cittadini e l’attuazione delle regole costituzionali. Difendere la Costituzione è la via più sicura per proteggere la nostra Patria, la sua unità e la sua stabilità. Vorrei ringraziarli, perché, al di là di chi ha vinto, il solo fatto che si siano presentati come candidati in queste circostanze è stato un trionfo per il popolo e per il paese.

Vorrei altresì esprimere il mio apprezzamento ad ogni cittadino siriano che ha sfidato le bombe, le minacce e la paura, ed è andato ad un seggio elettorale; a quella donna orgogliosa che è rimasta in piedi dalle cinque del mattino, con le foto del proprio figlio martirizzato, per poter votare, parlando a nome di tutti i martiri della Patria; ai soldati feriti che hanno insistito per recarsi ai seggi elettorali sulla sedia a rotelle, nonostante le ferite; all’uomo centenario che non ha permesso che il suo corpo malato gli impedisse di votare; all’intero popolo che ha portato con sé i suoi dolori, le sue speranze e le sue aspirazione affinché il mondo potesse sentire la sua voce.

Questa vittoria non sarebbe stata possibile senza il sangue dei nostri martiri, i nostri soldati feriti e le loro famiglie pazienti e risolute; senza di loro non saremmo stati in grado di proteggere il paese, la Costituzione, la legge, le istituzioni e, di conseguenza, la sovranità della Siria. Senza tutti loro, non saremmo qui oggi. Ci hanno insegnato, e continueranno ad insegnarci, il significato dell’eroismo, del sacrificio e della resistenza sulla nostra terra. Da loro noi prendiamo la forza e la determinazione; la nostra Patria ha resistito grazie alla loro grandezza e al loro patriottismo. Hanno fortificato l’intero paese con il loro sangue, e unito i dolori e le speranze dei siriani alle loro ferite. Con il loro eroismo, hanno dato alle parole “potenza” e “tenacia” il più grande significato, e, per questo, saremo per sempre grati e faremo ogni sforzo per ripagare anche una piccola parte del debito che dobbiamo a questi soldati, alle loro famiglie e ai loro bambini.

          Signori e signore,
La guerra mossa contro il popolo siriano è una guerra sporca. Nonostante tutta l’ingiustizia e il dolore inflitti ad ogni famiglia siriana, e nonostante tutto il sangue e la distruzione, i siriani non si sono arresi e non hanno mollato. Anzi, è avvenuto l’esatto opposto, perché, essendo un popolo, ottieniamo la nostra forza dall’avversità; le crescenti pressioni ci portano ad essere ancora più resistenti. Affrontiamo i tentativi di umiliarci con più onore, dignità e fiducia.

Oggi siamo qui, guardando al futuro e muovendoci verso di esso con la determinazione e la fiducia che questo futuro appartiene al popolo e a nessun altro. Questo paese, che ha affrontato invasori dall’alba della sua storia – gli ultimi sono stati i colonizzatori francesi, che se ne sono andati più di sette decenni fa – è ancora vivo e capace di alzarsi velocemente in piedi, costruire e rigenerare la vita dalle doglie delle catastrofi. In ciò sta, come le nazioni dimostrano, la loro grandezza, la loro storia e la loro civiltà. I paesi non si misurano dall’estensione del territorio o dalle dimensioni della popolazione, dalla ricchezza o dal petrolio; si misurano dalla loro cultura e dalla loro civiltà, dal ruolo che i popoli hanno ricoperto nella storia, e dalla loro volontà e dalla loro sovranità di fronte alle sfide del presente e all’edificazione futura.

A causa del suo ruolo, la Siria è sempre stata presa di mira e continua ad esserlo. L’aggressione che stiamo affrontando non ha come obiettivo individui particolari o il governo, come sembrò essere all’inizio, ma mira alla struttura del paese e al suo ruolo, e a condizionare il modo di pensare a lungo termine del popolo, per renderlo come bestiame comandato a distanza. Questa aggressione serve a spaventare il nostro popolo con un conflitto senza fine che duri per generazioni, per fargli scordare le nostre aspirazioni nazionali e la nostra crescente prosperità, e il rafforzamento del nostro Stato e della nostra società. Non si ha mai avuto l’intenzione di liberare il popolo dai suoi problemi, come fu proclamato e creduto dagli ingenui. Al contrario, costoro si rallegrano nel vedere le debolezze di ogni società araba perché vogliono vedere queste società rimanere arretrate e dipendenti. La maggiore evidenza di ciò è che i loro alleati nella regione sono i paesi più arretrati, corrotti e oppressivi. Essi non hanno preso di mira le nostre debolezze per riuscire a rovesciarci, ma, piuttosto, hanno colpito la nostra forza per distruggerci: il nostro patriottismo unico e la nostra sovranità, la nostra identità panaraba e la nostra armonia, e la congruenza tra il nostro vero Islam e il Cristianesimo.

L’Occidente colonialista è ancora colonialista; i mezzi potranno cambiare, ma l’essenza rimane la stessa. Se l’Occidente e i suoi tirapiedi arabi hanno fallito nei loro piani, ciò non significa che hanno considerato la distruzione della Siria come un obiettivo alternativo. Avranno lo stesso obiettivo sul lungo periodo, ma, purtroppo, con l’aiuto di quei siriani che non hanno onore e hanno venduto la loro Patria.

Le cose ci erano chiare fin dai primi giorni dell’aggressione. Ci ricordiamo tutti delle reazioni di coloro che non credevano o non erano convinti di quello che avevo detto all’inizio della crisi. A quel tempo, molte persone rifiutarono termini come “complotto” e “aggressione”. Non furono convinti, finché non fu troppo tardi, che ciò che stava accadendo nel paese non aveva nulla a che fare con le legittime richieste di un popolo oppresso, e nemmeno con le manifestazioni che chiedevano libertà e democrazia. Fu un sinistro complotto per l’intera regione, che non si fermò ai nostri confini.

Questo spettacolo ha cominciato a rivelarsi durante l’invasione dell’Iraq. La nostra posizione, all'epoca, non era basata né su un desiderio irrazionale di confronto né sullo schieramento su posizioni avverse al fine di ottenere consenso. Condannammo l’invasione dell’Iraq, perché vedemmo che fu l’inizio della divisione e del settarismo. Era una preoccupazione reale verso una situazione che, come capimmo, sarebbe diventata inevitabilmente pericolosa. Oggi, possiamo vedere che è diventata realtà e noi siamo quelli che stiamo pagando il suo pesante prezzo. Ci siamo allo stesso modo preoccupati, fin dall’inizio, che tutti coloro che stavamo affrontando non si sarebbero fermati al confine siriano. Si sarebbero diffusi, perché il terrorismo non riconosce i confini nazionali; a quel tempo, fui accusato di minacciare la comunità internazionale. Non è forse ciò che stiamo vedendo oggi, in Iraq, in Libano, in Siria e in tutti i paesi che sono stati colpiti dalla malattia della falsa primavera, un prova evidente della credibilità dei nostri ripetuti avvertimenti? Presto vedremo i paesi arabi e della regione che hanno sostenuto il terrorismo pagare un prezzo doloroso. Molti di loro capiranno, sebbene troppo tardi, che le battaglie combattute dal popolo siriano in difesa della sua Patria trascendono i nostri confini nazionali. In realtà, molte nazioni, presto o tardi, soffriranno dello stesso terrorismo che usarono come arma, una conseguenza della miopia dei loro leader e dell’ignoranza assoluta degli interessi reali delle loro nazioni, o causa della loro mancanza di comprensione della nostra regione e di come comportarsi con il suo popolo.

La questione è questa: se l’Occidente e i suoi alleati non impareranno, finché non sarà troppo tardi, dagli errori delle loro esperienze passate, saremo anche noi in ritardo nella comprensione degli eventi e delle questioni che ci preoccupano nella nostra regione? Bisognava aspettare tre anni e dovevamo pagare noi per la miopia di alcuni, dovevamo sacrificare il sangue dei nostri bambini, le nostre vite, la nostra economia, la nostra sicurezza e la nostra reputazione, perché si realizzasse ciò che, nei fatti, era un complotto contro la nostra Patria, e non una cosiddetta “primavera” per la libertà e la democrazia? Dovevamo pagare un prezzo così alto, e dobbiamo continuare ancora a farlo, per quelle persone per la cui ignoranza abbiamo ora dei vivai del terrorismo e un trampolino di lancio per loro nuove aggressioni? Dovevano passare dodici anni perché capissimo che l’invasione dell’Iraq avrebbe solo portato terrorismo e divisione nella nostra regione? Non fu abbastanza la nostra esperienza con i criminali Fratelli Musulmani negli anni '80 per capire la lezione, o dobbiamo aspettare ancora per altri trenta anni l’arrivo di carnefici e cannibali per capire che il terrorismo e lo sfruttamento della religione sono due facce della stessa medaglia?

Se la nostra situazione attuale e le esperienze della nostra storia recente non hanno abbastanza da insegnarci, probabilmente non impareremo nulla e non saremo capaci di proteggere il nostro paese, oggi e in futuro; e coloro che non proteggono il proprio paese, che non lo difendono e non lo preservano, non lo meritano né meritano di viverci.

Alla luce di quanto detto, e sulla base della nostra chiara comprensione dello scenario preparato per la Siria fin dai primi giorni dell’aggressione, abbiamo preso la decisione di proseguire su due linee parallele: colpire il terrorismo senza pietà con una mano, e, con l’altra, facilitare la riconciliazione locale per coloro che erano stati ingannati e hanno voluto abbandonare il sentiero sbagliato. Siamo stati convinti, fin dall’inizio, che le soluzioni efficaci dovessero essere puramente siriane senza alcun ruolo per gli stranieri, a meno che non fossero sostenitori genuini della Siria. Tutti coloro che sono ritornati sulla giusta strada hanno visto che lo Stato è una madre compassionevole: arrabbiato con i figli ingrati, ma disposto al perdono quando i figli si pentono genuinamente. Oggi, ribadisco il mio appello a tutti coloro che sono stati ingannati e costretti a deporre le armi, perché non smetteremo di combattere e di colpire il terrorismo finché non restaureremo la sicurezza in ogni centimetro della Siria.

Coloro che se ne sono andati come traditori, agenti o individui corrotti ci danno poca preoccupazione; il paese sta venendo ripulito da tali individui e non avranno ancora per molto il posto e lo status di siriani. Coloro che si aspettano un intervento straniero che ponga fine alla guerra in corso stanno vivendo un’illusione, perché la “soluzione politica”, come viene chiamata, può basarsi solo sulla riconciliazione interna, che si è dimostrata molto efficace in più di una occasione. Sottolineo che continueremo lungo questo percorso perché è l’unico che salva il sangue siriano, restaura la sicurezza, conduce al ritorno degli sfollati, alla ricostruzione di quelle aree, ed è quello che fa fallire le macchinazioni straniere che si basano su alcune nostre deficienze interne.

La riconciliazione nazionale non è in contraddizione, né rimpiazza, il dialogo nazionale, che lo Stato ha iniziato con varie forze politiche e attori sociali. Continueremo con questo dialogo e rimarremo aperti a tutte le idee, opinioni e prospettive, specialmente in quanto questo dialogo non dovrebbe limitarsi solo alle circostanze attuali. Bisogna che sia un dialogo sul futuro del paese, sulla struttura dello Stato e su tutti gli aspetti della nostra società relativi o non relativi alla crisi, e al di là di cosa abbia preceduto la crisi o cosa ne sia una conseguenza.

Lo Stato ha porto la mano aperta a tutti, fin dall’inizio della crisi; oggi, dopo questa prova nazionale difficile e costosa, il dialogo non includerà coloro che hanno dimostrato la loro mancanza di patriottismo evitando il dialogo. E nemmeno coloro che hanno scommesso su un cambio della bilancia del potere e, quando hanno perso, hanno cambiato direzione nella speranza di non perdere il treno, e non includerà nemmeno coloro che hanno mostrato preoccupazione per il paese mentre davano, attraverso le loro posizioni, copertura ai terroristi in cambio di favori o pagamenti dall’esterno. Per quanto riguarda le summenzionate forze asservite, non inizieremo un dialogo con loro considerandoli dei siriani, ma considerandoli dei rappresentanti dei paesi ai quali hanno giurato fedeltà e per i quali sono diventati portavoce.

La crisi ha rafforzato la coesione sociale tra i siriani e ha smentito le voci maliziose su una guerra civile, che i nemici hanno provato a promuovere, come copertura politica per la loro aggressione organizzata con agenti interni alla Siria. Il termine “guerra civile”, oggi, è usato come una copertura politica per legittimare i terroristi, come fossero uno schieramento in un conflitto siriano, piuttosto che dei deprecabili strumenti nelle mani di potenze straniere. Una guerra civile ha le sue chiare linee di conflitto geografiche tra sette, etnie e fazioni in guerra; queste linee di conflitto si manifestano nella divisione tra varie componenti della società, e causano il completo collasso dello Stato e della società stessa. È ciò che stiamo vedendo oggi in Siria o ciò del quale stanno cercando di convincerci?

Attualmente, vedo la realtà sul terreno essere esattamente all’opposto; abbiamo sorpassato i concetti di vita comune o condivisa, che prevalevano prima degli eventi, e siamo passati ad una fase di piena integrazione e di coesione sociale tra i siriani. Questo era abbondantemente chiaro vedendo i siriani porsi di fronte al dovere nazionale di recarsi ai seggi elettorali, il consenso popolare e l’alta affluenza alle urne in queste elezioni. Tutte le ricche sfumature e i differenti settori della nostra società sono come membri dello stesso corpo: mentre sono differenti nella forma, nella funzione e nei compiti, sono pienamente integrati nel servirsi l’un l’altro e nel servire il corpo a cui appartengono. Oggigiorno, non c’è coesistenza o tolleranza, ma piena integrazione ed armonia.

Non possiamo muoverci verso il futuro se non trattiamo, in modo veritiero e trasparente, le cause profonde dell’attuale situazione. In quanto abbiamo fieramente visto l’azione di un popolo patriottico, è stato per noi doloroso e disonorevole vedere che parti della nostra popolazione, anche se di piccole proporzioni, sono state le fondamenta sulle quali si è basata la guerra, che hanno reso possibile ai terroristi stranieri penetrare nel paese e che hanno facilitato l’intervento economico, politico e militare straniero in Siria, violando così la nostra sovranità.

Se i fattori esterni sono facili da riconoscere nelle parole degli aggressori e negli strumenti che hanno usato, i fattori interni devono restare al centro di ogni valutazione o decisione che prendiamo, non solo per le sfide di oggi, ma anche per proteggerci in futuro. C’è un consenso quasi unanime tra i siriani sul motivo principale per il quale alcuni, direttamente o indirettamente, sono coinvolti nella distruzione del paese: l’ignoranza. Il più grande pericolo, che ha fornito le basi per la crisi e le sue diverse sfaccettature, è stato la mancanza di morale, causata dalla distorsione della religione, dalla distruzione dell’onore e dalla svendita della Patria. È il più grande ostacolo per lo sviluppo delle società; lo sviluppo non dipende solo dalle leggi e dai regolamenti, per quanto importanti siano, ma, piuttosto, dipende dal fatto che una cultura si basi su una morale. Non ci può essere sviluppo senza morale; sono inseparabili. Le buone morali possono assicurare un miglior rafforzamento della legge; le buone leggi possono aiutare a sviluppare una buona morale, ma non possono piantarne i semi.

Senza morale, non ci sarebbe sentimento patriottico nelle nostre coscienze e la cosa pubblica perderebbe il proprio significato. Senza morale, diverremmo una società di individui egoisti che lavorano ciascuno per i propri interessi a spese degli altri; e abbiamo visto ciò avvenire su larga scala durante la crisi. Ci sono stati molti che, in questa crisi, non hanno imbracciato le armi, ma hanno anche danneggiato la vita del popolo e manipolato il suo futuro; hanno rubato, ricattato, saccheggiato e sono stati dannosi come i terroristi stessi.

Parlare di morale, in questo contesto, non è un’alternativa allo sviluppo delle leggi e e delle normative, e non è nemmeno una scusa per esonerare lo Stato dalle sue responsabilità. Se la nostra morale e la nostra cultura sono le fondamenta, l’amministrazione statale e le istituzioni costituiscono l’edificio; e qualsiasi edificio senza solide fondamenta rimarrà sempre fragile.

In base a quanto detto, dobbiamo altresì combattere la corruzione, che è la sfida più grande per qualsiasi società e per qualsiasi Stato. La corruzione finanziaria e amministrativa si basa sulla corruzione morale, ed entrambe producono una forma di corruzione ancora più pericolosa: la corruzione nazionale, che crea persone disposte a svendere la Patria e il sangue dei suoi figli al miglior offerente.

Combattere la corruzione richiede azioni in vari campi paralleli. La punizione è in cima alla strategia per combattere la corruzione. Colpire col pugno di ferro ogni persona che si è dimostrata corrotta ed è stata condannata è l’elemento più importante; tuttavia, quando punite un individuo corrotto, la società potrebbe produrre decine di altri corrotti e di individui più subdoli capaci di infrangere la legge senza venire scoperti o individuati. In questo caso, il tempo giocherà in favore della corruzione e del corrotto.

La contabilità è al vertice della strategia per combattere la corruzione. Poi viene la riforma amministrativa delle istituzioni dello Stato, un processo che sta avvenendo da molti anni. Inoltre, dobbiamo concentrarci sullo sviluppo di curriculum educazionali che vadano anche al di là dell’educazione stessa, ed includano l’inculcazione di valori morali e di una condotta appropriata. Queste componenti rappresentano il ruolo dello Stato nella sua forma più breve e rapida, per esempio nel combattere la corruzione, nella riforma amministrativa e sul ruolo delle istituzioni competenti. Tuttavia, il ruolo più importante e sostenibile, che sta alla base della lotta alla corruzione, è il ruolo della società e della famiglia in particolare. Al fine di produrre una società non corrotta, abbiamo tutti bisogno, in quanto madri e padri, di fornire ai nostri bambini una buona educazione.

Chiediamoci: avremmo assistito ai fenomeni corrotti che abbiamo avuto modo di vedere – rapine, sfruttamento, rapimenti, tradimento e altri crimini orrendi – se i genitori di quelle persone deviate avessero dato ai propri figli una buona educazione? D’altra parte, che dire dei milioni di persone onorevoli che lavorano nelle istituzioni dello Stato e in altri enti? Che dire delle centinaia di migliaia di giovani che hanno preso le armi per difendere il loro paese e sono stati martirizzati? Che dire di tutti quei cittadini che hanno deciso di adempiere a tutti i doveri nazionali nonostante le minacce, e delle famiglie resistenti che sono rimaste attaccate alla terra della Patria nonostante le circostanze difficili? Tutte queste azioni non sono state compiute grazie a direttive amministrative, ma, piuttosto, perché al popolo è stata data un’educazione completa che ha prodotto cittadini onesti e patriottici. Questa base fa la differenza tra i cittadini che rispettano la legge per convinzione, piuttosto che per paura di essere puniti, i funzionari pubblici che servono la collettività per il beneficio della società piuttosto che per guadagno personale, e i commercianti, che hanno capito che mentre un ladro può rubare ad un individuo, essi, non pagando le tasse, rubano nei fatti a 23 milioni di persone. L’educazione crea il cittadino che, anche in tempi di crisi, sostiene la famiglia e la comunità, piuttosto che sfruttarle, e impedisce ai cittadini di diventare dei mercenari, che cospiratori o stranieri possono usare contro la propria nazione.

Facciamo in modo che combattere la corruzione sia la nostra priorità nel prossimo periodo, nelle istituzioni dello Stato e nell’intera nostra società; facciamo che sia una priorità non solo per i funzionari statali, ma anche per ogni individuo. Facciamo in modo che ciascuno di noi passi dal parlare di corruzione a lavorare attivamente per combatterla, colpendola alle radici invece che perdendo tempo a potarle i rami.

          Signore e signori,
Gli stati che continuano a sostenere il terrorismo in Siria hanno cercato di distruggere tutti gli aspetti della sua vita. Le uccisioni, che hanno preso di mira la Siria in tutti campi senza discriminazioni o eccezioni, sono state simultanee alla sistematica distruzione delle nostre infrastrutture, che abbiamo impiegato decenni per costruire, e alla distruzione degli sforzi, dei soldi, del sudore e del sangue di generazioni di siriani. Non c’è alcun dubbio che questa distruzione diffusa, che ha colpito l’intera nazione, ha colpito allo stesso modo ogni individuo, particolarmente in termini di qualità di vita del popolo.

Da quando è stato inflitto il più grande danno alle strutture vitali materiali della nostra economia, ed è stato danneggiato lo sviluppo economico e la sua sostenibilità, il nostro recupero economico dovrebbe partire dalla ricostruzione di quelle strutture materiali: gli edifici, le case, le strade, e tutte le altre infrastrutture che sono state distrutte o sabotate. Questo, in sé, è un settore molto ampio, che recherà beneficio a diversi strati della nostra società senza eccezioni, e influenzerà positivamente e fortemente gli altri settori economici, che non potranno essere interamente ripristinati senza una ricostruzione totale.

Sì, signore e signori, la ricostruzione è il motto della nostra economia per il prossimo periodo. Dobbiamo concentrare i nostri sforzi collettivi in questo campo e dovremo lavorare, in parallelo, per ripristinare tutti gli altri settori complementari alla ricostruzione, specialmente quello artigianale e le industrie piccole e medio-piccole che possono crescere ed espandersi molto rapidamente, creare posti di lavoro in un breve periodo di tempo. Continueremo il nostro sostegno strategico ai settori pubblico ed agricolo, che sono le maggiori leve dell’economia siriana ed hanno avuto un ruolo significativo per la nostra resistenza nell’attuale crisi. Il processo di ricostruzione e il concomitante ripristino economico dovrebbero coincidere, temporalmente, con la fine della crisi. Infatti, lo Stato ha già cominciato a creare la legislzione necessaria ed il quadro regolatorio che faciliterà ed incoraggerà gli investimenti in questo settore.

Cominciamo tutti, mano nella mano, il processo di ricostruzione della Siria, per essere davvero degni di questo paese. Facciamo in modo che la nostra corsa contro il tempo favorisca la costruzione e non la distruzione; e continuiamo a dimostrare, come abbiamo fatto nei tre anni passati, che il volere dei siriani è molte volte più forte del volere e degli atti dei terroristi e dei traditori.

          Fratelli e sorelle,
Oggi, insieme, iniziamo una nuova fase, caratterizzata dal consenso nel proteggere la nostra nazione e nel ricostruirla moralmente, psicologicamente e materialmente, e dal consenso nello sradicamento del terrorismo e nel ricondurre all’ovile coloro che si sono smarriti. Oggi iniziamo una nuova fase, dopo aver superato sfide pericolose e critiche, grazie alla fermezza del nostro popolo di fronte al terrorismo e alla guerra psicologica fino al raggiungimento delle elezioni presidenziali – le elezioni che hanno espresso l’indipendenza piena e unitaria della Siria. Guardando al futuro, dobbiamo affrontare le grandi lacune che sono apparse nel nostro tessuto nazionale. Questo richiede i nostri sforzi uniti e il nostro schierarsi spalla a spalla nella prossima fase, che implicherà una relazione interdipendente tra il popolo, la leadership e il governo. Il ruolo di una leadership non cancella il ruolo e il contributo del popolo; allo stesso modo, la presenza di una leadership e di un governo non implicano la totale dipendenza da essi. Questa relazione interdipendente significa che dovremo andare verso il futuro desiderato insieme, se vogliamo che i nostri tentativi abbiano successo.

Ecco che la parola “Sawa” o “insieme”, che si concentra sul rafforzamento del senso di responsabilità di ognuno di noi, ci assicura che stiamo andando avanti come una nazione. Essa significa che dovremo ricostruire la Siria insieme, che dovremo continuare a colpire il terrorismo e allo stesso tempo concludere la riconciliazione nazionale, cosicché nessun siriano rimanga in case temporanee o in un campo per profughi. Significa che, insieme, combatteremo la corruzione con la morale e le leggi necessarie, e rafforzeremo le nostre istituzioni, concentrandoci sulla garanzia di uguali opportunità per tutti e sullo sradicamento del nepotismo.

Non ci deve essere alcuna scusa per il pensiero negativo e le attitudini negative circa le sfide nazionali; dobbiamo essere coscienti che molti aspetti negativi della nostra società sono i prodotti di una cultura comune che è stata impiantata nelle nostre menti, e ciò rende difficile rimpiazzarli; l’unico modo per riuscirci è quello di costruire una cultura votata all’azione, cooperativa ed altruistica. Alcune persone potrebbero chiedersi come sia possibile ciò quando i funzionari non danno risposte ad iniziative ed idee. È una domanda legittima, ma non possiamo generalizzare; ci saranno sempre coloro che ascolteranno e saranno interessati. Non dobbiamo stancarci né mollare; dobbiamo tentare, in ogni modo possibile, di far sì che la nostra voce sia sentita, contribuire al processo di ricostruzione nazionale e di sviluppo, e corregge i nostri errori.

So che le aspettative per questo discorso sono molto alte; e molte di queste aspettative sono logiche e legittime, e i campi che meriterebbero di essere trattati sono molti di più di quelli che possono essere dibattuti in questo discorso. Ma le guerre impongono la loro realtà, e noi dobbiamo imporci delle priorità. C’è un esercito eroico che difende il paese con molti martiri; quotidianamente, ci sono vittime innocenti a causa del terrorismo in diverse parti del paese; ci sono alcuni che vengono rapiti e scompaiono, abbandonando famiglie che vivono sulla speranza che un giorno ritorneranno; ci sono anche alcuni che sono stati cacciati dalle loro case e sono diventati dei senzatetto; e ci sono alcuni che hanno pagato il prezzo della guerra con la loro vita materiale, e non sono più in grado di rifornirsi del necessario per una vita decente. Non ci può essere altra priorità che affrontare queste numerose sfide del presente. Trascurare questi fatti equivale ad essere separati dalla realtà.

          Fratelli e sorelle,
La vostra resistenza è diventata il necrologio ufficiale di ciò che fu chiamato falsamente “la primavera araba” e ha annientato il suo corso. Se questa “primavera” fosse stata genuina, sarebbe iniziata nei paesi arabi arretrati. Se fosse stata una rivoluzione per ottenere più libertà, democrazia e giustizia, sarebbe iniziata nei paesi più oppressivi e tirannici: i paesi che stanno dietro ad ogni catastrofe che è capitata alla nostra nazione, dietro ad ogni guerra contro di essa, dietro le deviazioni intellettuali e religiose e il degrado morale. L’esistenza di questi paesi è il più importante successo dell’Occidente e la causa più significativa per i successi e la continua esistenza di Israele. Non vi è evidenza più chiara di ciò che l’attuale situazione, l’aggressione israeliana contro Gaza. Dov’è il presunto zelo e l’ardore che hanno mostrato contro la Siria e contro il popolo siriano? Perché non hanno sostenuto Gaza con armi o denaro? Dove sono i jihadisti? E perché non li hanno mandati a difendere il nostro popolo in Palestina?

Per conoscere queste risposte, dovremmo capire che ciò che sta accadendo oggi a Gaza, signore e signori, non è disconnesso da eventi passati. È una catena integrata di eventi: dall’occupazione della Palestina, all’invasione dell’Iraq, che si sta cercando di dividere, fino alla divisione del Sudan, sono tutti eventi pianificati da Israele e dall’Occidente e sempre messi in atto dagli stati tirannici ed arretrati del nostro mondo arabo.

Non fu Abdul Aziz Ibn Abdul Rahman al-Faisal che concesse alla Gran Bretagna di dare la Palestina ai “poveri” ebrei nel 1915? Non furono questi stati ad incitare la guerra del 1967, il cui prezzo stiamo pagando ancora oggi, al fine di sbarazzarsi del “fenomeno” Nasser? Non furono questi stati a sostenere lo Scià in Iran, per poi schierarsi contro l’Iran quando decise di sostenere il popolo palestinese e trasformare l’ambasciata israeliana in un’ambasciata palestinese dopo la rivoluzione?

Questi paesi sono quelli che fecero l’“Iniziativa di Pace di Re Fahd” nel 1981 e minacciarono i palestinesi di far scorrere fiumi del loro sangue se non l’avessero accettata. Quando le fazioni palestinesi la rifiutarono, in meno di un anno, ci fu l’invasione israeliana del Libano e l’espulsione dell’O.L.P. dal Libano, ed esso non preoccupava il Libano ma Israele.

Questi stessi paesi ci sorpreso nel 2002 con la loro più grande concessione: “la normalizzazione in cambio della pace”, che fu poi modificata fino a diventare “l’Iniziativa di Pace Araba” al vertice di Beirut.

Quando Israele attaccò il Libano nel 2006, furono quegli stessi paesi che incoraggiarono Israele e l’Occidente a non accettare un cessate-il-fuoco fino a che la Resistenza libanese non fosse stata distrutta, e descrissero i suoi combattenti come “avventuristi”. Dato che questi paesi satelliti hanno avuto successo nei loro compiti, sono stati incaricati di finanziare il caos con il nome di “primavera araba”, e guidano la Lega Araba dopo che altri paesi arabi abbandonarono il loro ruolo. La Lega Araba stessa fu ridotta ad invocare la NATO e ad imporre assedi contro quegli stati arabi che si rifiutarono di accondiscendere.

Tutti questi eventi costituiscono una catena fortemente legata, ed hanno come fine liquidare la causa palestinese; tutti i soldi spesi da quei paesi fin da quando furono creati furono per questi propositi. E oggigiorno stanno ricoprendo lo stesso ruolo: a Gaza, attraverso il terrorismo israeliano, ed in Siria, attraverso il terrorismo di 83 nazionalità. I metodi potranno differire, ma gli scopi rimangono gli stessi.

Questo mi porta ad un’altra questione importante. Alcuni hanno mostrato indifferenza verso Gaza, con la premessa che anche noi abbiamo la nostra dose di problemi nazionali; altri hanno gongolato di fronte all’aggressione israeliana, come reazione all’ingratitudine e alla slealtà di alcuni palestinesi verso la Siria e verso ciò che abbiamo dato loro per decenni. Entrambi i casi, tuttavia, sono il riflesso di un pensiero ingenuo; ciò che sta avvenendo in Siria e nella regione è totalmente connesso a ciò che sta avvenendo in Palestina. Dissociandoci da questi eventi sarebbe come vedere la casa del vicino prendere fuoco senza offrigli aiuto.

Ecco perché coloro che credono che possiamo vivere in sicurezza e distanziarci dalla causa palestinese sono degli illusi. Essa rimarrà la causa centrale sulla base dei princìpi e della realtà, che mostra la connessione tra ciò che sta avvenendo in Palestina e ciò che sta avvenendo in Siria. Dobbiamo distinguere il popolo palestinese dai palestinesi ingrati, tra i veri combattenti della resistenza – che dobbiamo sostenere – e i dilettanti che si mascherano con il mantello della resistenza per seguire i propri interessi, migliorare la propria immagine e rafforzare la propria autorità; se non agissimo così, non faremo altroche servire gli obiettivi di Israele, consciamente o inconsciamente, che consistono nel dividerci ancor più profondamente e farci credere che la nostra crisi sia locale e isolata.

          Signore e signori,
Un popolo come il vostro, che ha combattuto, ha resistito ed è risorto velocemente in un paese che è stato sottoposto ad un’aggressione senza precedenti nella sua ferocia, è degno di rispetto e apprezzamento, degno della sua Patria, della sua storia e della sua civiltà. Avete ripristinato il vero significato della parola “rivoluzione” e avete dimostrato che i siriani vivono in modo onorevole e muoiono come martiri con onore, che la loro dignità è molto più importante che la loro stessa vita e che la loro fede in Dio è pienamente connessa con la loro fede nella nazione, nella terra e nel popolo. Nonostante i grandi successi nella guerra contro il terrorismo nel passato periodo, non abbiamo dimenticato e non dimenticheremo la nostra amata Raqqa, che, se Dio vorrà, si libererà presto dei terroristi. Come la città resistente di Aleppo e il suo eroico popolo, non riposeremo finché non verrà restaurata la sua sicurezza. Le operazioni militari giornaliere e i martiri da tutta la Siria, che sono caduti per la sicurezza di Aleppo, sono una prova chiara e tangibile che Aleppo rimarrà nel cuore di ogni siriano.

Saluto l’Esercito Arabo Siriano: ufficiali, sottufficiali e soldati, che non si sono risparmiati nella difesa della nostra Patria, e non hanno rinunciato alle loro vite e alle famiglie che hanno lasciato. Saluto tutti i Gruppi di Difesa Nazionale e i giovani e le donne che hanno impugnato le armi in difesa del loro paese, della sua dignità e del suo onore, e hanno fornito un forte sostegno all’Esercito Siriano in molte regioni. Il mio maggiore saluto va al grande popolo: il suo arruolamento nelle forze armate e i suoi successi sono stati il cardine della nostra vittoria.

Non dovremmo dimenticarci di ringraziare i membri della Resistenza Libanese, fedele ed eroica, che ha lottato spalla a spalla con gli eroi del nostro esercito, ha combattuto battaglia onorevoli da entrambi i lati del confine e ha fornito martiri in difesa dell’asse della resistenza. Saluto loro e le famiglie di ogni martire che ha ricambiato la nostra lealtà con lealtà e ha considerato la difesa della Siria un dovere nazionale, come difendere il Libano meridionale.

Ringraziamo anche Iran, Russia e Cina, questi stati che hanno rispettato la decisione e la volontà del popolo siriano durante questi tre anni e hanno adempiuto pienamente alla carta delle Nazioni Unite quando parla del rispetto della sovranità nazionale e della non-interferenza negli affari interni.

          Onorevoli siriani,
Le sfide sono enormi e i compiti sono gravosi. Il nostro successo di fronte alle difficoltà e la nostra fiducia in noi stessi non dovrebbero renderci compiacenti. I nostri nemici sono pericolosi ma la nostra volontà è forte, e con questa trasformeremo questa calvario in un’opportunità. Finché avremo la volontà di agire, facciamo in modo che i nostri successi futuri siano della stessa scala – ed anche maggiori – del prezzo che abbiamo pagato. Una nuova fase è iniziata, e siamo pienamente pronti per essa. La Siria merita tutti i nostri sforzi, il nostro sudore e il nostro lavoro; non dobbiamo risparmiare nulla, così come i nostri eroi non hanno risparmiato il loro sangue o le loro vite. Sarò sempre uno di voi, che vive tra di voi, guidato dalle vostre opinioni e ispirato dalle vostre coscienze. Insieme, mano nella mano, la Siria rimarrà forte, orgogliosa, resistente e inviolata da ogni straniero; e noi siriani resteremo la più grande fortificazione per la Siria e la sua dignità.

[Traduzione di Leonardo Olivetti. Fonte Stato e Potenza. Link: [qui]].