Aria nuova dalla Francia

La nomina di De Villepin a primo ministro

Chirac ha incassato la sconfitta nel referendum e prontamente con bon ton ha dichiarato di condividere le preoccupazioni dei francesi per la difesa del posto di lavoro, assicurando che si adopererà in tal senso.

Altro stile, ovviamente, quello del presidente francese, rispetto ai politicanti di casa nostra che quando perdono non lo ammettono, anzi se proprio sfacciatamente non possono dire di aver vinto, dicono che hanno pareggiato e magari se la partita fosse continuata ancora per qualche minuto avrebbero avuto il fiato per vincerla.

La borghesia monopolistica francese conosce bene le lezioni della storia, capisce le linee di tendenza e quindi sul piano formale si deve adeguare. I suoi politici devono fare buon viso a cattivo gioco ed ecco che Raffarin, contestato dalle masse popolari per tutte le sue iniziative, si dimette e Chirac nomina un diplomatico di carriera, Dominique de Villepin, primo ministro e Nicolas Sarkozy, presidente dell'Ump, ministro dell'interno. Le due anime dei post-gollisti sono rappresentate nel governo, con la regia di Chirac, il quale però scadendo fra due anni il suo settennato, al momento perde la speranza di una rielezione e quindi manovra per la sua successione.

D'altronde i socialisti sono anch'essi divisi perché la maggioranza del partito ha sostenuto il sì e la minoranza con in testa Laurent Fabius ha sostenuto il no e quindi potrebbe aspirare alla pole position per le elezioni presidenziali. Ma non sarà facile, se Dominique de Villepin, ora diventato primo ministro, fra due anni potrebbe aspirare alla carica presidenziale.

De Villepin, che prima era ministro dell'interno ed ancor prima ministro degli esteri, si mise in mostra alle Nazioni Unite, prima che gli americani scatenassero l'attacco all'Iraq, contrastando sul piano politico e del diritto internazionale le loro iniziative di guerra. E' un rappresentante quindi della borghesia monopolistica francese in piena tradizione gollista, quella che preoccupa l'America, ed in qualità di primo ministro ha molto lavoro da svolgere per rilanciare una posizione autonoma dell'Europa.

Vediamo come si comporta. La sua designazione è una sfida per la sinistra francese (ma non solo), la quale deve abbandonare la facile demagogia quando sta all'opposizione e pensare ad un programma anticapitalistico (ma non credo che abbia questa volontà!) piuttosto che alle sterili liturgie democratiche del PCF e dei socialisti oppure allo sterile settarismo e massimalismo dei gruppi troskisti, i quali nel passato hanno anche ottenuto un buon successo elettorale, volatilizzatosi proprio per le loro steorotipate formulazioni ideologiche e politiche, dato che questi gruppi dall'esperienza storica non hanno appreso nulla, diventando monotoni e ripetitivi, per non dire di peggio per la loro azione di continua contrapposizione a tutte le esperienze storiche realizzate dai partiti comunisti andati al potere.

La Francia è sempre il paese della grande rivoluzione borghese, della rivoluzione proletaria della Comune, di grandi lotte e resistenze nel XX secolo e quindi un laboratorio sociale e avanguardia della lotta di classe in Europa.

La borghesia monopolistica lo sa ed è sempre pronta alle sfide, scegliendo gli uomini appropriati. Ecco che in questo frangente se ne scorgono due all'orizzonte, De Villepin e Sarkozy, due caratteri personali diversi, due approcci diversi per un unico fine politico di realizzare maggior profitti ed affermare nel mondo la potenza francese. Ma la linea classica gollista che De Villepin dovrebbe interpretare apre spazi nelle contraddizioni interimperialistiche e quindi diventa un utile elemento di confronto con quei paesi che sul piano mondiale contrastano l'egemonismo americano.

I socialisti francesi hanno ora pochi spazi per le loro politiche equivoche. Socialmente essi hanno rappresentato gli interessi della media e della piccola borghesia, però al servizio della borghesia monopolistica, e sul piano internazionale si sono macchiati di guerre coloniali ed anche di appoggio all'imperialismo americano (almeno in larga parte del partito); sul piano elettorale hanno sempre contrapposto un loro candidato a De Gaulle ed ai post-gollisti, vincendo con Mitterand solo nel 1981 (dopo due tentativi falliti) perché aveva saputo collocarsi sul solco della politica gollista con una verniciatura sociale sbiaditasi con l'avanzare dei giorni dentro l'Eliseo.

Dal laboratorio politico-sociale francese potrebbe scaturire un'avanguardia di operai, di intellettuali organici, di contadini già impegnati in lotte esemplari per la difesa dell'agricoltura dagli ogm e dai processi inquinanti del modo di produzione capitalistico, di ambientalisti che riuniti in organizzazione politica potrebbero rilanciare la lotta di classe in Francia ed in Europa.

1 giugno 2005

G. A.


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