La manifestazione del 18 febbraio sulla Palestina

Solo cretini?

Indire una manifestazione ogni tanto per affermare la propria esistenza e negoziarla come rappresentanti dei 'movimenti' per ottenere qualcosa ai livelli istituzionali è prassi corrente.

Stavolta, però, ritengo che con la manifestazione del 18 febbraio sulla Palestina si sia superato ogni limite di decenza. Non tanto perchè essa rientra nella categoria 'io manifesto quindi esisto', quanto perchè rappresenta una vera provocazione contro il popolo palestinese. Dire questo sembrerebbe un non senso, ma atteniamoci ai fatti.

Hamas vince le elezioni e tutti sanno che questa vittoria significa la condanna di Al Fatah per il suo collaborazionismo con l'occidente e per gli accordi di Oslo e il rilancio del programma di liberazione della Palestina. La dichiarazione rilasciata da un dirigente di Hamas a Damasco, Khaled Mish'al, il 31 gennaio parla chiaro: noi non negozieremo i diritti della Palestina, non siamo contro gli ebrei, ma siamo contro lo stato sionista.

A fronte di questa situazione, che fanno gli organizzatori della manifestazione del 18 febbraio? Elaborano una dichiarazione dove si parla di 'frontiere sicure' tra Israele e ... (a questo punto dovremmo dire stato palestinese, ma la definizione è impropria) e di nascita di un ministato palestinese come punto di forza per 'sciogliere' i nodi del Medio Oriente.

Quest'ultima affermazione sembrerebbe stramba se non coincidesse con la politica americana che ha sempre usato il dramma palestinese per giocarlo sul tavolo mediorientale in termini di divisione dei popoli arabi, con l'aiuto dei governi reazionari della regione, Egitto e Giordania in testa.

Ora che questo gioco si è spezzato con la vittoria di Hamas gli 'amici' dei palestinesi lo ripropongono nella piattaforma del 18 gennaio.

C'è da domandarsi sono solo cretini?

Roberto Gabriele


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