Inchiesta sull'informazione in America dopo l'11 Settembre

di Benny Calasanzio ed Enrico Bassi

Fonte: http://bennycalasanzio.blogspot.com/2007/04/inchiesta-sullinformazione-in-america.html


Inchiesta sull'informazione in America dopo l'11 settembre: la copertina

Riportiamo
la nota metodologica
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NOTA DEGLI AUTORI: metodologie di lavoro

Il lavoro dello storico consiste nell’esplorazione e nella verifica delle diverse fonti e nelle successive interpretazioni e ricerche di collegamenti tra esse. Lo scopo finale è proporre una lettura, data da questa analisi, dei fatti e del loro svolgimento. Lo storico però non sempre arriva a vagliare tutte le fonti disponibili riguardo ad un fatto. Si apre così il problema dell’importanza e della gerarchia delle fonti stesse: un problema di affidabilità. Come un linguista alle prese con diverse stesure dello stesso testo, specie se antico, anche lo storico si trova di fronte a diverse voci e versioni contrastanti rispetto ad uno stesso avvenimento. La pluralità di voci nel coro deve essere pertanto sottoposta ad una selezione, tenendo conto delle più affidabili e scartando le meno verosimili o, meglio, le meno attendibili.

Il giornalista, che possiamo definire come uno storico del presente, ha anch’esso il compito, davanti ad un avvenimento, di vagliare tutte le fonti che riesce a reperire per poter poi proporre una ricostruzione dei fatti il più vicina possibile alla realtà. C’è da ricordare, però, che esiste una differenza sostanziale tra notizia e fatto, e che il giornalista è portatore di verità parziali. Nonostante ciò e nonostante il giornalista non lavori in un mondo di verità assolute, ma di relazioni, per spirito di professionalità anche per il giornalista si apre il problema di dover selezionare le fonti migliori, cioè le maggiormente utili ad una ricostruzione dei fatti verosimile.

Nel mondo dell’informazione odierno, chi si muove al suo interno è vincolato ad un mainstream informativo in continuo e veloce movimento. La simultaneità raggiunta dalla comunicazione pone un problema professionale notevole, quello dell’approfondimento. Spesso è proprio il tempo ciò che manca al giornalista per approfondire la ricerca e la valutazione delle fonti. A questa mancanza di tempo si sopperisce affidandosi ai comunicati stampa delle istituzioni o i lanci delle agenzie internazionali, giudicate più attendibili perché “ufficiali”, perciò gerarchicamente più importanti.

Date queste considerazioni, la domanda che ha stimolato la stesura di questo lavoro è semplice, quasi ingenua: cosa succede se le fonti più attendibili, più accreditate e più utilizzate non sono, tuttavia, le più vicine alla realtà? Che effetto ha avuto e ha ancora questa discrepanza sull’informazione?

A sei anni di distanza dall’11 settembre 2001 non sono mancati, da parte degli organi di informazione, gli approfondimenti sui tragici avvenimenti di quel giorno. Queste ulteriori ricerche hanno rivelato delle crepe nelle versioni ufficiali e, di conseguenza, aperto nuovi quesiti su ciò che è accaduto quel giorno a New York e Washington. Dobbiamo ricordare che il mondo intero è cambiato, gli equilibri tra le nazioni, nella società, tra le potenze politiche ed economiche sono stati ridefiniti e, ancora oggi, le conseguenze sono visibili in maniera chiara agli occhi di tutti noi.

Non parliamo di complotti, di “sentito dire”, di fonti segrete. Parliamo di fatti, secondo la logica che ci è cara del “comunque è un fatto”. E' un fatto che le interpretazioni degli esperti, dei testimoni, dei soccorritori, di tutti coloro i quali si trovavano in quei momenti a Manhattan, al Pentagono e a Pittsburgh forniscono un quadro coerente che minuto dopo minuto però viene sostituito da un altro di provenienza “superiore”. E' un fatto che una verità ufficiale sembra scalzare la verità sostanziale che negli attimi dopo gli attacchi si andava diffondendo attraverso tutti i media. E' un fatto che tutta la massa di informazioni accumulata da fonti direttamente coinvolte lascia il passo a poche, incomplete e parziali fonti governative. E' un fatto che si è assistito ad un lento conformarsi dei media. Abbiamo raccolto frasi, testimonianze, ricostruzioni di vari soggetti coinvolti a vario titolo. Abbiamo riguardato i vari telegiornali americani durante gli attacchi. Cnn, Cbs, Fox e tutti gli altri. Paradossalmente nella concitazione dei primi momenti una base di coerenza riguardo sensazioni e opinioni accomuna tutto il panorama che abbiamo semplicemente trascritto. Man mano che la lava si raffreddava, non appena le prime voci uscivano fuori dal coro e cominciavano a seguire i suggerimenti governativi, lentamente tutti gli altri mezzi di informazione si accodavano, tralasciando tutto quello che fino a quel momento avevano ricostruito.

Successivamente, le voci di dissidenti hanno provato a trovare un loro spazio d’azione. Hanno tentato di denunciare non solo le varie anomalie tra la versione ufficiale e ciò che emergeva dai loro ragionamenti e dalle loro indagini. Ma si sono dovuti scontrare con un vero e proprio muro, fatto non di intimidazioni, ma di bandiere e senso comune. Una parte consistente, per non dire la maggior parte, degli USA ha chiesto con forza alla stampa di mettersi da parte per un attimo. E questo è un fatto.

Per districarci in un mare di informazioni diverse, in contrasto e in assonanza tra loro, abbiamo deciso di vagliare il maggior numero di voci possibili. Da questa premessa, la nostra analisi si è sviluppata controllando la carta stampata statunitense, differenziando i livelli di stampa locale e nazionale-internazionale per spostarci sulla stampa italiana ed europea, valutando eventuali differenze o parallelismi. Non solo carta stampata, comunque. Grande importanza rivestono, nell’analisi, le voci “a caldo” delle televisioni americane e la rete Internet, ora più che mai strumento essenziale del pluralismo.

Per completare il quadro generale, si sono esaminate anche le tappe conosciute dei provvedimenti e delle dichiarazioni ufficiali che l’amministrazione Bush ha preso per limitare la libertà di stampa e l’obiettività delle ricerche giornalistiche, oltre che per delineare lo scenario di una vera e propria guerra del Bene contro il Male.

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