7 novembre 1917
Per un giudizio fuori dalla retorica

Ci sono almeno tre categorie di persone, corrispondenti ovviamente a tendenze politiche ben determinate, che usano riferirsi alla data storica del 7 novembre 1917.

Una prima categoria è quella degli anticomunisti dichiarati, tanto più ferventi se frutto di abiure, che considerano l'ottobre russo un avvenimento catastrofico a cui addebitare magari anche l'avvento del nazismo. Una seconda categoria ama esaltare l'assalto al cielo e la presa del palazzo d'inverno come una grande epopea rivoluzionaria, a cui sarebbe seguito però il discutibile periodo staliniano. Una terza categoria si assume infine in toto l'eredità storica del movimento comunista fondato da Lenin e gestito, successivamente al 1924 e fino alla sua morte, da Stalin.

Molte volte in passato Aginform si è scagliata contro i sostenitori 'comunisti' della tesi del novecento come "secolo degli errori e degli orrori", criticando aspramente anche coloro che parlano della rivoluzione d'ottobre e dell'esperienza sovietica in termini positivi, dimenticando però di citare il ruolo di Stalin, come se costituisse un fattore secondario della vicenda.

C’è stata una fase in cui il bertinottismo ha prodotto una vera e propria campagna anticomunista, cercando di eliminare dalla coscienza di molti la memoria storica del comunismo novecentesco, cioè del comunismo reale. Questa campagna non è stata contrastata dai 'comunisti critici', per il semplice motivo che addossarsi la responsabilità di difendere l’intera esperienza comunista avrebbe significato mettersi contro tutto il senso comune imposto dalla cultura borghese e anticomunista. Un esempio recente di questo modo di fare ci viene da un parlamentare della corrente dei comunisti critici, Fosco Giannini, che in aula ha coraggiosamente difeso la rivoluzione d’ottobre in nome della classe operaia, di Antonio Gramsci e di Giuseppe Di Vittorio, lasciando però in ombra il resto, cioè i protagonisti del comunismo reale [leggi il testo dell'intervento].

Siamo dunque alle solite e per questo, di fronte a chi si accontenta delle mezze ammissioni, sosteniamo la necessità di essere chiari se si vuole dare un senso alla rivoluzione d’ottobre e all’esperienza comunista che ne è derivata.

La chiarezza delle posizioni non ci induce però a condividere la retorica delle iniziative celebrative, che hanno quasi sempre il sapore di un’autoaffermazione degli organizzatori i quali pensano che l’anticomunismo possa combattersi riaffermando un’ortodossia che è solo fatta di parole. Basterebbe rilevare che il rilancio trotskista e l’egemonia culturale movimentista sono anche il prodotto della incapacità di quelli che si definiscono marxisti-leninisti di aprire una discussione a tutto campo sull’esperienza leninista della rivoluzione d’ottobre, in modo che la lezione che si possa ricavare sia in grado di incidere sul presente.

Purtroppo da molto tempo a questa parte non vediamo segnali di novità. Vediamo solo riaffermati rituali da ‘orfani del comunismo’ che lasciano il campo libero ai ‘nuovi’ comunisti.

Erregi

29 ottobre 2007


 
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