La destra c'è. Chi la combatte?

Non sono tra quelli che sono rimasti scioccati dall'esito 'oceanico' della manifestazione del 2 dicembre organizzata dalla destra. Però credo sia necessario fare alcune considerazioni serie sull'argomento.

Leggendo i commenti sulla stampa, alcuni, tra cui Valentino Parlato su IL MANIFESTO del 3 dicembre, hanno preso in seria considerazione l'avvenimento. E, a mio parere, giustamente. In sostanza hanno detto che la destra non si è disgregata con la caduta del governo Berlusconi, ma che rimane un dato stabile e preoccupante della situazione italiana, non per i progetti strategici, che appaiono deboli e demagogici, bensì per il suo radicamento sociale e culturale.

Chi avesse avuto modo di reggere le cialtronerie berlusconiane del discorso di San Giovanni e avesse avuto il 'coraggio' di sentire quello di Fini, avrebbe sicuramente intercettato il contenuto di fondo, potrei dire strutturale, del suo ragionamento, che dice in sostanza che la Casa delle Libertà è la sintesi del pensiero nazionale (leggi l'eredità fascista), del cattolicesimo conservatore e del liberalismo di destra.

Questa rappresentazione politica, questa sintesi della destra che arriva fino alla Mussolini e oltre, non è una questione elettorale, ma ha una sua base di massa e un suo spessore che neppure la differenziazione di Casini, peraltro enfatizzata in contrapposizione alla manifestazione del 2, riesce a scalfire. Il politichese non paga di fronte ai rapporti di forza e soprattutto alle forze reali.

L'ottimismo di maniera di Prodi e della maggioranza che conta nel centro sinistra, l'ottimismo di coloro che si affidano alla bontà del programma di governo è dunque ingiustificato. Questo ottimismo si basa sul fatto che si sta governando 'seriamente' e quindi alla fine la verità verrà a galla e la destra sarà sconfitta. Questo modo astratto di ragionare cozza però contro due dati reali e altrettanto 'seri'. Il primo è rappresentato dal fatto che la serietà che il governo vuol dimostrare con la finanziaria va contro milioni di persone che vogliono difendere i loro interessi corporativi e quindi sono disposti a combattere per questo. Il secondo dato è rappresentato dal fatto che la 'serietà' del governo e dei parametri di spesa che vuol difendere va contro altri milioni di persone che non vedono invertita sostanzialmente la loro condizione sociale. Prodi e la sua maggioranza di centro sinistra rischia di rimanere appeso a questa contraddizione che non esprime forza, ma debolezza e i sondaggi in picchiata dimostrano appunto questo.

Se il ragionamento fin qui fatto è giusto, qual'è la conclusione?

La domanda introduce un argomento che riprenderemo presto e che pone un altro interrogativo: che cos'è la sinistra di governo e di 'alternativa'? Apriamo la discussione su questo, al di fuori della retorica del chiacchiericcio di 'sinistra' e del politichese.

Da parte mia risponderò nel prossimo numero del nostro settimanale on line, sperando che nel frattempo qualcuno raccolga l'esigenza di discutere e ci invii il suo punto di vista.

Erregi

3 dicembre 2006


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